N. 20 inverno 2001

Attualità
I

Il mondo sta correndo, e sta correndo verso
la sua fine.

II

Più dell’uomo nulla è temibile.
L’uomo supera i mari ventosi
ferisce ed affatica la Terra, suprema tra gli dei,
con i suoi strumenti,
Con scaltrezza insegue gli uccelli sereni,
Con la forza vince gli animali selvaggi,
con destrezza cattura i pesci guizzanti,
stringe nel giogo la criniera del cavallo
e piega l’infaticabile toro.
Si è dato la parola, l’uomo,
il pensiero che è come il vento,
si è dato il vivere civile.
Ma si è dato anche armi potenti
e, armato,
si volge crudelmente e ingegnosamente
ora al male ora al bene,
Ade soltanto l’uomo non riuscirà mai a sfuggire,

Il primo brano è dalle Prediche di Wulstan, Arcivescovo di York tra il 1002 e il 1004. Il secondo è tratto da Antigone di Sofocle (vv.421- 460).

Tre errori

Primo errore: pensare che il fondamentalismo islamico sia dalla parte degli oppressi perché è contro gli Stati Uniti e l’Occidente. Il fondamentalismo islamico è contro gli Stati Uniti e l’Occidente perché qui si aggirano quei principi fondamentali di cui tutti, ovunque nel mondo, vorrebbero usufruire: la liberta di espressione e di manifestazione delle proprie idee e del dissenso, la possibilità di autodeterminazione, e soprattutto la tolleranza. Sono principi che, in Europa e negli Stati Uniti, formano un patrimonio che è stato conquistato nei secoli con fatica e con lotte (anche se in molte occasioni sono stati e sono tuttora travolti, calpestati e ignorati). Il fondamentalismo islamico è contrario a tutti quei principi: non è quindi dalla parte degli oppressi, ma se mai di quelli che vogliono comprimere o limitare i loro diritti e le loro aspirazioni.

Secondo errore: pensare che gli Stati Uniti e l`Occidente difendono contro il fondamentalismo islamico la libertà e la tolleranza. Basti ricordare che al loro fianco marciano, come graditi e indispensabili alleati, paesi di di selvaggia repressione dei diritti di libertà, di espressione, di parità, come l’Arabia Saudita, il Kuwait, il Pakistan.

Terzo errore: pensare che l’islamismo (anche non fondamentalista) non si opponga alla tolleranza e alla libertà. L`islamismo è intollerante e illibertario, proprio come tutte le religioni monoteiste (comprese quelle fintamente tali, come la religione cattolica): tutte sono fondamentaliste non appena le circostanze e i tempi lo permettono, con le modalità e con i mezzi che sono consentiti dalle varie società in cui operano.

S.N.

Terrorismi

I

“All’improvviso, ho visto un missile contro il palazzo, tutto ha preso fiamme, ho visto gente che si buttava fuori dalle finestre e cadere, cadere; poi l’edificio è crollato. Sono morte centinaia di persone”.

II

Se morirò, è perché un bianco ha dato l’incarico a un nero, disse Lumumba.
Così accadde.
Gli esecutori dell’omicidio di Lumumba e di altri due membri del suo governo (eletto a seguito delle prime elezioni tenutesi nel Congo indipendente) furono alcuni militari agli ordini di Ciombé, su incarico del governo belga. Il governo belga naturalmente non ha agito da solo, ma con l’espresso appoggio dei governi di tutte le potenze occidentali e specificatamente di Stati Uniti, Francia e Inghilterra: tutti intendevano evitare che il Congo con le sue
risorse divenisse davvero indipendente. Per questo, lo hanno consegnato a Mobutu. Belgio, Stati Uniti, Francia e Inghilterra hanno organizzato e sponsorizzato l’assassinio di un innocente: un crimine per il quale nessuno ha mai pagato.

III

Tra le sue molte attività illegali:
a) ha sabotato i colloqui di pace per porre fine alla guerra in Viet-nam nel 1968, garantendo così agli Stati Uniti altri sette anni di
guerra, con migliaia di inutili morti; ha ordinato l’insensato bombardamento della Cambogia;
b) ha partecipato ad organizzare l’assassinio dell’Arcivescovo Makarios a Cipro;
c) ha avallato l’invasione di Timor Est da parte dell’amico indonesiano Sukarno;
d) ha attivamente organizzato il colpo di stato in Cile da parte del generale Pinochet, con le atrocità che sono seguite;
e) ha dato via libera all’assassinio dei generali cileni Letelier a Washington e Schneider in Cile.
Documenti e prove?
Si trovano negli atti del Governo degli Stati Uniti.
Ma chi è?
Il premio Nobel per la pace Henry Kissinger,
naturalmente.

IV

Chiunque, e qualsiasi governo, se dà appoggio a fuorilegge o assassini di innocenti, diventa fuorilegge e assassino.E prende questa strada a suo rischio e pericolo. Noi lo puniremo.

Il primo brano è tratto dalla testimonianza al quotidiano di Panama City La Prensa di Maria Virgen Castreras, una donna che ha assistito alla distruzione di un condominio residenziale nel centro di Panama City, colpito da una bomba nel dicembre del 1989 durante l’invasione degli Stati Uniti per catturare il presidente\delinquente Noriega, portato al potere dagli stessi Stati Uniti
in precedenza. Il secondo brano è tratto da LUDO DE WITTE, The assassination of Lumumba, Verso 2001. Il terzo brano è tratto da CHRISTOPHER HITCHENS, The Trial of Henry Kissinger, Verso 2001. Il quarto brano e tratto dalla dichiarazione in televisione del Presidente degli Stati Uniti George W. Bush il giorno dell’inizio del bombardamento dell’Afghanistan.

Tre poesie di Enzensberger

I

Ho appena chiamato la pietra pietra,
ed ecco che appare
sospettosa, spiritata,
un’altra, una seconda pietra,
molto più leggera,
facile da scambiare con la prima.
E come se fosse una sua ombra più chiara.
La raccolgo,
la getto lontano,
la riprendo, la getto ancora.
Mi appartiene. Mi obbedisce.
Non può ribellarsi.
Con la mia pietra
Faccio quel che mi pare.
Invece l’altra pietra, la prima,
è pesante,
non mi obbedisce come questa,
e all’improvviso
la vedo che arriva
non posso evitarla,
con forza alla testa mi colpisce.

II

Io diserto volentieri.
Che sia una premeditata strategia
O una piacevole abitudine,
non so dirlo.
Ma non è un effetto della vecchiaia.
Evitare molte sollecitazioni
Mi sembrava assolutamente opportuno
Già a quindici anni.
Allora mi dicevo:
un po’ di distacco non fa male.
Del resto la ritirata, secondo gli esperti,
è un’arte.
Altri la pensano diversamente,
vanno volentieri al fronte,
combattono coraggiosamente
battaglie vinte,
e battaglie perdute.
Non è facile dire che cosa è meglio.
Per ciò che mi riguarda,
preferisco sottrarmi
anche a me stesso.

III

Scegli con calma fra gli errori possibili
Che hai a disposizione.
Non fare
la cosa giusta
Nel momento sbagliato,
Ma non fare neppure
la cosa sbagliata nel momento giusto.
Devi sempre fare la cosa giusta
Nel momento giusto.
Attenzione,
Un passo falso
Non si riesce a rifare;
il giusto errore,
una volta fatto,
e il giusto momento,
una volta passato,
non torneranno facilmente.

Da HANS MAGNUS ENZENSBERGER, Leichter als Luft. Moralische Gedichte, Suhrkamp Verlag Francoforte 1999.

Piccole biografie: Edmund Halley

Edmund Halley era il figlio maggiore di un fabbricante di sapone londinese, proveniente da Derbyshire; nacque nella parrocchia di Shoreditch, in un posto chiamato Haggerston, proprio dietro Hogsdon. A nove anni qualcuno gli insegnò l’aritmetica e la geometria. Poi andò a scuola e si entusiasmò per l’astronomia. Divenne così esperto in globi celesti e planetari che Moxton, il famoso fabbricante di mappamondi, affermava che se in un globo c’era una stella fuori postoHalley se ne sarebbe accorto subito.
Andò poi a Oxford al Queen’s College e lì imparò il latino, il greco e l’ebraico. A diciannove anni risolse un utile problema astronomico: date tre distanze dal sole compresi gli angoli, trovare l’orbita. Calcolò anche l’orbita della cometa che poi prese il suo nome, osservandone il passaggio nel 1682: nel 1705 proclamò ufficialmente che essa avrebbe fatto ritorno nel 1758.
Allorché Isaac Newton pubblicò i Principia, esponendo la dimostrazione delle sue famose teorie sulla gravitazione universale, fu il primo nel 1687 a recensire l’opera (su Transactions, la rivista della Royal Society); l’anno dopo apparve la recensione di John Locke, a quel tempo ancora esule in Olanda).
Poi Halley partecipò a una spedizione scientifica e andò all’isola di Sant’Elena; lì rimase molti mesi per tracciare il globo celeste dell’emisfero meridionale, fino a quel momento assai approssimativo perché basato solo sulle osservazioni dei marinai.
L’accompagnarono nel viaggio una donna e suo marito che per tanti anni non avevano avuto figli. Prima di lasciare l’isola, la donna diede alla luce un bambino.Anche per questo, Flamsteed, il primo astronomo reale, disprezzava Halley, considerandolo un vanesio e libertino. Il disprezzo era però determinato da ragioni non solo etiche, ma anche professionali. Infatti allorché Halley fu nominato professore di geometria a Oxford, su raccomandazione di Newton (che aveva ottimi motivi per tenerselo buono), Flamsteed, che da tempo aspirava ad ottenere quello stesso posto, bollò Halley come un ignorante raccomandato. Nel 1712 Halley pubblicò una versione non autorizzata della Historia Coelestis elaborata da Flamsteed, ma da questi mantenuta segreta: quest’ultimo dichiarò che il suo lavoro era stato rovinato da un pigro e malizioso ladro. Nel 1722 Halley successe a Flamsteed come astronomo reale a Greenwich.

Da JOHN AUBREY, Vite brevi di uomini eminenti, Adelphi 1977; W.G.HISCOCK, Isaac Newton and Their Circle, Oxford Uni.Press 1937: FRANCIS BAILY, An Account of the Reverend John Flamsteed the First Astronomer Royal, London 1835.

Nulla dies sine linea. The Eustace Diamonds

Lord Fawn fece colazione con la madre e le annunciò la sua decisione di sposare Lady Eustace.
“Frederic, è davvero una grande decisione!” osservo la madre, versandogli una tazza di te.
“Davvero, mamma. Vorrei che tu la vedessi oggi o domani”
“Naturalmente”
“Magari puoi invitarla qui a casa”
“Devo invitare anche suo figlio?”
“Ma certo” disse Frederic, inghiottendo una cucchiaiata di uovo fritto.
“Devo invitare anche la governante?”
“No, lei no di certo. Non è lei che sposo”
“E quanto è il suo reddito, Frederic?”
“4000 sterline all’anno. Qualcosa di più, forse, ma 4000 sicure da spendere”.
“Ne sei certo, davvero?”
“Direi di sì”
“Ma sono 4000 sicure per sempre, o è un vitalizio?”
“Questo non lo so di preciso. Dovrò informarmi”.
“C’è una bella differenza, Frederic”.
“Certo. In ogni caso, lei è molto più giovane di me, sicché non dovrei avere problemi”.

ulla dies sine linea era il motto di Trollope. E infatti, scrivendo ogni giorno venti pagine, non una di più né una di meno, e sempre durante le ore di ufficio, Trollope ha inondato l’Inghilterra di romanzi a puntate, traendo grande fama e lauti guadagni. Trollope vive e scrive nello stesso periodo di Dickens e di Thackeray. Ha davanti la stessa realtà. Eppure, la differenza è enorme. In Trollope non c’è la partecipazione che Dickens ha per i suoi personaggi, non c`è lo sdegno per le ingiustizie; non c`è lo zuccheroso conflitto tra le classi che caratterizza la maggior parte dei romanzi di Dickens. Non c`è neppure il raffinato e cinico distacco di Thackeray nell`esaminare i personaggi che cala nei suoi romanzi. C’è solo la minuta osservazione della melmosa ricca amorale borghesia vittoriana. Quella di Trollope è una soap opera scritta nell’Ottocento, ma pronta per la televisione. Trollope, poi, non ama i suoi personaggi (Thackeray invece vuole bene alle sue creature, anche quelle più detestabili come Barry Lindon). Gli capitano, e lui, doverosamente, li descrive. In effetti, quasi tutti i personaggi di Trollope hanno qualcosa di spregevole: tutti voterebbero oggi in Italia per Berlusconi, ma solo per ottenere qualche favore, per servilismo, o per ammirazione del potere. The Eustace Diamonds è un romanzo della tarda maturità di Trollope. È una illustrazione scrupolosa di una società divenuta già a quel tempo mitica, la società vittoriana: quella società che il mondo ammira per le sue istituzioni, la sua democrazia, la sua tolleranza, ma della quale Trollope percepisce e descrive il vuoto morale e il precario e ingannevole equilibrio. Il centro focale della sua analisi non è più, come nella precedente serie di sei romanzi dedicata alla immaginaria contea di Barsetshire (Chronicles of Barset) e alla analisi della vita provinciale, dei comportamenti e dei rapporti sociali dei piccoli e grandi proprietari e del clero anglicano. È la ricca, amorale, ignorante, superba società londinese, basata sul matrimonio e sull’ansiosa ricerca del denaro e della rendita. In questa società le persone che contano non si sposano per amore; anzi, sposarsi per amore è una cosa che riguarda il popolo, di cattivo gusto; ci si sposa per denaro o per acquisire una posizione sociale. Naturalmente, come osserva la madre di Frederic,”Se un uomo si sposa per denaro, poi deve almeno trovare il denaro”. Anche il lavoro è qualcosa che riguarda le classi inferiori: non si acquisisce una posizione sociale lavorando, ma sposandosi. In questa società non ci sono sentimenti, passioni; non ci devono essere perché non sono previste dalle buone maniere, dalla convenienza dalle regole sociali. La regola è che bisogna sempre distinguere ciò che si dice, ciò che si deve dire, e ciò che si pensa. Per lo più, bisogna dire ciò che gli altri si aspettano che si dica, in quella occasione. La parola chiave del libro è verità: compare diecine e diecine di volte: ciò che è vero è sempre contrapposto a ciò che appare e a ciò che, secondo le convenzioni, deve apparire. Lady Eustace è l’unico personaggio che si comporta in modo naturalmente trasgressivo, che difende con ogni trucco quelli che ritiene i suoi diritti senza curarsi delle convenzioni e di ciò che gli altri pensano, è l’unico personaggio che litiga, che si approfitta, che vuole vincere ma è disposta a perdere e non si fa condizionare o ricattare dalle convenzioni. È un personaggio vittorianamente e perfidamente sessantottesco, antipatico, vendicativo e spregevole; ma pensate che cosa sono gli altri.

Da LIONEL ZANGARO, Trollope. An Essay, Whitman, London 1996.

Due poesie di Idea Vilarino

I

Questo povero mondo
Sta per andare in frantumi
Scoppierà come una bolla di sapone
O forse esploderà con un grande boato
O, più delicatamente,
scomparirà come se una spugna umida
lo avesse cancellato.
Ma può anche essere che la fine non sia
Così improvvisa;
può essere che questo povero mondo
resti lì al suo posto
continuando a ruotare, sterile e senza vita,
ricoperto da avanzi e rifiuti,
oppure, in modo ancor meno dignitoso,
si metta a vagare maleodorante per i cieli
imputridendo pian piano.

II

Ormai no.
Non vivremo insieme,
non ti sveglierò al mattino,
non saprai mai chi sono stata
ne quanti mi amarono.
Ed io, non saprò neppure dove vivi,
con chi,
e se ricordi.
Non ti abbraccerò,
non ti toccherò più
come questa notte.
Non ti vedrò morire.

Da IDEA VILARINO, Poesìas escogidas,Montevideo 1969.

L’osservatore

Faccio l’Osservatore. E’ il mio lavoro da molti anni. Ho lavorato in Cambogia, El Salvador, Nicaragua, Guatemala, Etiopia, Algeria, Sierra Leone, Liberia, Sud Africa, Bulgaria, Romania, Bosnia Erzegovina, Macedonia, Iran, Iraq, Indonesia, Colombia, Yemen, Albania. Il mio non è un lavoro diffuso, anche se è in rapida crescita. Oggi noi Osservatori siamo otto o novemila in tutto il mondo: quando ho cominciato, quasi venti anni fa, eravamo non più di ottanta o novanta. Ho fatto l’Osservatore di Diritti Umani per la maggior parte delle organizzazioni internazionali ufficiali e non ufficiali: l’OSCE, il Consiglio d’Europa, l’ODIHR, l’ONU e il UNDP, la FAO, l’Unione europea, Amnesty International. Secondo alcuni, l’Osservatore è il prodotto dell’esplosione democratica della fine degli anni Ottanta. Non so dire oggi perché ho scelto di fare l’Osservatore, è una domanda che mi sono fatto molte volte senza riuscire a dare una risposta convincente. Ho cominciato con incarichi assai brevi, tre, quattro, cinque giorni al massimo, non riesco neppure a rendermi conto di come potessi svolgere correttamente il mio compito in così poco tempo. Poi, ci si è resi conto che, per fare bene il proprio lavoro, l’Osservatore deve stare più a lungo, quattro, cinque mesi, dipende dal paese, dalla situazione politica locale. E’ solo da pochi anni che gli Osservatori sono assegnati ad un incarico per uno o due anni. Il mondo ha un immenso bisogno di Osservatori. Un mio caro amico, Oliver Strudmayer, un Osservatore austriaco morto molti anni fa calpestando in Mozambico una mina antiuomo, era solito dire che il mondo sarebbe funzionato meglio se la nostra professione avesse avuto lo spazio e il ruolo che meritava, se ci fosse stato, in ciascun paese, almeno un Osservatore stabile ogni dieci abitanti. In ciascun paese, diceva Oliver, perché nessun paese rispetta i diritti umani, neppure i paesi che pensano di essere più civili e di poter esportare civiltà verso i paesi arretrati. Osservare è il mio lavoro. E’ un lavoro tranquillo, diceva il mio amico boliviano Carlos: non si deve fare praticamente niente. Fu fucilato in Iraq, nei giorni che precedettero le prime elezioni dopo la caduta di Saddam. Era boliviano, e – salvo la Bolivia – nessuno protestò. Il governo provvisorio aveva sostenuto che era una spia al servizio degli Stati Uniti e di Bin Laden. Non era vero. Carlos faceva solo il suo lavoro.

Da LEON OCTAVIO NEGROPONTE, Diario, Parigi 1998.

Il Diritto alla memoria

Mirabeau è il primo personaggio ad entrare nel Pantheon francese: lo inaugura trionfalmente nell’aprile del 1791 come eroe della rivoluzione. È il primo a entrare, ma è anche il primo ad uscire, il 21 settembre 1794, allorché emersero le prove che in realtà era un agente del re, e quindi un controrivoluzionario. Avrebbe potuto stabilire un record, essendo stato a un passo dal rientro su decisione del Direttorio nel 1797; nel frattempo però le sue spoglie erano scomparse, e non se ne fece niente. Non è l’unica scomparsa collegata al Pantheon. Anche Nicolas Joseph Beaurepaire, l’eroe di Verdun nel 1792, e Auguste-Marie- Henry Picot Dampierre, l’eroe di Valmy, pur risultando seppelliti con tutti gli onori all’interno del Pantheon, non sono stati più ritrovati. Nello stesso giorno dell’uscita di Mirabeau fa il suo ingresso Jean-Paul Marat (anticipando di poche settimane Jean Jacques Rousseau). Ma anche Marat ne esce meno di un anno dopo. Viene ricollocato lì vicino, nella chiesa di St Etienne du Mont, dalla quale erano stati in precedenza rimossi, bruciati e gettati nella Senna la maggior parte dei resti di Santa Geneviève, destinati originariamente proprio al Pantheon (costruito da Jacques Germain Soufflot su incarico di Luigi XVI come chiesa da dedicare alla santa). In effetti, pochi decenni dopo alcuni resti di St Geneviève furono traslati con grande pompa nel Pantheon, su disposizione di Napoleone III. Ma anche per lei il soggiorno fu di breve durata. Fu infatti nuovamente portata a St Etienne du Mont, dove ora riposa insieme a Marat e a Pascal, formando un improbabile e curioso terzetto.

II

L’idea del Pantheon è nel segno della continuità. Ciò che cambia è il criterio di selezione. Un tempo, illustri e degni di ricordo erano i nobili: “Sono morti Edoardo duca di York, il conte di Suffolk, sir Michael Kikely. Nessun altro di importante” riferiscono a Enrico V che si informa dell’esito della sanguinosa battaglia di Azincourt, (in Shakespeare, Enrico V, atto IV). Nel XIX secolo illustri e degni di ricordo divengono i meritevoli (finché sono considerati tali). Tutto cambia, all’improvviso, allorché nelle piazze di ogni singolo paese europeo compaiono lapidi e monumenti ove sono iscritti tutti i nomi dei caduti nelle battaglie della prima guerra mondiale (cui saranno aggiunti quelli della seconda). Tutti, indipendentemente dal merito. Purché militari. Il diritto alla memoria diviene più democratico, ma resta selettivo: restano escluse dal diritto al ricordo pubblico le vittime civili delle varie forme di stupidità bellica del XX secolo.

Il primo brano è tratto da AVNER BEN AMOS, Funerals, Politics and Memory in Modern France, 1789-1966, Oxford 2000; il secondo è di MARIANNE DIESKAUER, messaggio e-mail a Stefano Nespor.

Riflessione conclusiva

Le mucche non sanno che farsene della
coda, fino a che il macellaio non la taglia.

Proverbio nigeriano.

Crediti

Questo ventesimo volume dei Testi Infedeli è stato stampato nel dicembre del 2001 in duecento copie non numerate e fuori commercio da Marco Capodaglio, in Milano nella tipografia Cinque Giornate srl.
Come sempre, tutti i testi sono stati liberamente e infedelmente tradotti e talvolta riscritti, anche se spesso è stato rispettato – non sempre integralmente – il pensiero dell’autore.
Il volume non sarà inviato a chi non ne accusa ricevuta per due volte consecutive.
I Testi Infedeli dal 1992 ad oggi possono essere letti nel sito www.nespor.com, predisposto e curato da Claudia Winkler e Beniamino Nespor.
Per l’elaborazione di questo volume ringrazio per l’aiuto e i suggerimenti Maria Inglisa, Marina Nespor e Marianne Dieskauer.