N. 27 inverno 2004

Cari lettori, in questo numero di Testi Infedeli troverete: una riflessione su una considerazione di Primo Levi.
Un brano scolastico tratto da un libro tornato di attualità in un momento in cui tutta l’Italia è una grande Vigevano.
E due brani sull’Italia da Lisa Foa e da Italo Calvino.
Un tentativo meccanico di ricreare la vita, che precorre gli odierni tentativi biologici.
Due pezzi sulle vite di esseri di altri mondi.
Poi le poesie: due, provenienti da un Paese che non c’è più, e da due diverse epoche, ma legate da una stessa autoironica tristezza; altre di una poetessa definita da Karl Kraus affascinante, enigmatica, eccentrica, camaleontica; infine le poesie di un autore americano che ha cominciato a scrivere negli anni Sessanta in difesa dei diritti civili.

LE NOVITÀ

L’infedeltà ha travolto anche i Testi infedeli .
Ormai da tanti anni sempre uguali a sé stessi e alla propria casuale immagine originaria, hanno resistito a tutte le proposte e alle richieste di cambiamento del formato o dell’assetto tipografico, subendo tutte le difficoltà che la fedeltà, specie se immotivata, porta inevitabilmente con sé: la carta della copertina sempre più difficile da reperire, il formato sempre più impegnativo da spedire, e molti altri problemi organizzativi minori. Ora, il momento è giunto. Lo scoccare dei quindici anni di produzione (il primo smilzo Testo Infedele è infatti dell’inverno del 1989) e il superamento della soglia dei 200 pezzi di testi infedelizzati offrono una giustificazione e una scusa per lanciare il cambiamento .
Queste ricorrenze non sarebbero però state da sole sufficienti senza il tenace incoraggiamento e l’esperienza editoriale di Salvatore Giannella che ringrazio per i suoi generosi consigli .
Ecco quindi i nuovi Testi Infedeli .
Abbastanza ridotti per essere a scelta conservati in tasca oppure persi o dimenticati senza rammarico su un tram, abbastanza diversi dai precedenti per sedare insani desideri di continuità e collezionismo, abbastanza nuovi per permettere l’introduzione di novità e di modifiche radicali.
Stefano Nespor

LA COPERTINA

Un Nobel africano* L’ambientalista keniota Wangari Maathai ha vinto il Premio Nobel per la pace. Bisogna essere grati per le sue attività e in particolare per aver fondato il movimento Green Belt, che rappresenta il più vasto progetto di riforestazione in corso in Africa. In questo periodo in cui l’Africa sembra sempre più a corto di servitori patriottici e impegnati, Wangari ci porta a sperare che non tutto sia perduto: ci sono ancora persone disposte a operare per il bene della società.

* Da: The Monitor, Uganda .
A lato, disegno di Stefano Nespor.

LA CIVILTÀ EUROPEA

“È avvenuto contro ogni previsione, è avvenuto in Europa”, dice Primo Levi ne “I sommersi e i salvati”, 1991, a proposito dei campi di sterminio nazisti. E, siccome è accaduto nella civilissima Europa, “può accadere dappertutto”, conclude Primo Levi. Ma è proprio così? La conclusione di Primo Levi in realtà non tiene conto del fatto che quel che è accaduto con la Germania nazista rientra a buon diritto nella storia e nella tradizione della civilissima Europa e più in generale nella storia dell’Occidente. Anzi, si può affermare proprio il contrario: questo evento si sarebbe potuto verificare solo in Europa .
Infatti, la caccia e lo sterminio del “diverso”, la violenza radicale, generalizzata, premeditata (che non prevede espressamente, ma non esclude affatto, lo scopo di arricchimento e di profitto per coloro che vogliano inserirsi imprenditorialmente nel settore), è parte integrante della cultura europea a partire quantomeno dalla fine del XII secolo .
È infatti in questo secolo che la Chiesa cristiana – in quel tempo diversa dalla Chiesa cattolica odierna, e assai più vicina, quanto ad assolutismo e repressività, all’attuale fondamentalismo islamico – si propone ufficialmente il programma di 4 eliminare tutti i “seminatori di impurità” che insidiavano una cristianità giunta ormai – come osserva Ottone di Frisinga, cronista tedesco zio di Federico Barbarossa e vescovo di Frisinga – a uno “stato quasi perfetto” .
La realizzazione di questo programma coinvolge tutti gli operatori e i formatori di consenso e di informazione dell’epoca, in un sistema propagandistico di diffusione di falsità ufficiali e di disinformazione educativa privo di qualsiasi antagonista: un sistema che non ha antagonisti quanto a capillarità della diffusione sul territorio .
E’ di questo periodo la suddivisione dell’intero territorio dell’Europa cristiana in parrocchie e l’attribuzione a ciascun parroco di un inappellabile potere di controllo sulle azioni e sul pensiero di tutti gli abitanti presenti nel proprio àmbito di competenza. Ricordate Don Licodori, tenuissimo esempio assai vicino a noi del parroco dei secoli passati? Compare nel Maestro di Vigevano di Mastronardi: allorché il maestro Mombelli decide di non far cresimare il figlio non essendo in grado di spendere la somma necessaria per l’acquisto del vestito, don Licodori lo ammonisce minacciosamente che “le responsabilità che si assume davanti a Dio sono gravissime… se il ragazzo dovesse morire finisce al Limbo?” .
Nel corso di poche generazioni viene così inculcata a una popolazione quasi totalmente analfabeta e terrorizzata dal Diavolo e dall’Inferno una indiscutibile verità ufficiale e soprattutto rivelata da Dio .
È una verità che non lascia speranza di salvezza ultraterrena a chi non vi presti la fede più cieca, né lascia speranza di vita terrena a tutte le potenziali vittime, prescelte perché portatrici di minacce oscure e devastanti (ben più terribili dell’odierno terrorismo perché – secondo la dottrina ufficiale – attentano direttamente all’anima e alla sorte dei credenti nell’eternità) .
Si avvia così l’offensiva generale contro le Forze del Male che farà dell’Europa il teatro di una incessante carneficina: di eretici, di dissidenti, di sette cristiane non allineate, di non credenti, di ebrei, di musulmani, di omosessuali, di lebbrosi, di streghe e di diversi. Tra i diversi si collocano anche le popolazioni nere dell’Africa: interi paesi di quel continente sono saccheggiati e spopolati per rifornire di schiavi e arricchire le cristianissime potenze coloniali europee, sotto l’occhio comprensivo e partecipe, anche se non espressamente consenziente, delle varie Chiese cristiane nel frattempo gemmatesi da quella originaria .
Tutto ciò appartiene al passato. Ma ciò che è rimasto è l’assuefazione delle civili popolazioni europee a percepire come normali, come inevitabili e, soprattutto, come giustificati, abusi, massacri, torture, roghi nei confronti del diverso .
Questa assuefazione si è sedimentata e si è riprodotta di generazione in generazione, formando il patrimonio culturale acquisito della civiltà europea (secondo uno schema di trasmissione che, erroneamente ritenuto dal naturalista francese Jean Baptiste de Monet, cavaliere di Lamarck, proprio delle caratteristiche genetiche, si applica perfettamente alle caratteristiche culturali) .
L’etologo Irenhaus Eibl-Eibesfeldt ha coniato per questo meccanismo esclusivo della specie umana (quello di attribuire agli “altri” caratteristiche dis-umane per poter “giustificare” l’eliminazione del diverso) il concetto di “pseudospeciazione culturale” .
Questo è lo zoccolo duro della cultura europea: un patrimonio ben diverso da quello che siamo stati abituati a conoscere e a studiare fin dalla prima giovinezza, fatto di arte, di cultura, di pensiero giuridico e scientifico, di tolleranza .
Queste idee sono state il vero cemento che ha unificato spiritualmente e arricchito materialmente la cultura europea. È un errore pensare che siano scomparse. Sono tuttora ben presenti, ancorché per lo più pudicamente nascoste e inconfessate, appena intaccate ed erose da due secoli di sforzi, di lotte, di tentativi di rendere civile e tollerante la civiltà europea e occidentale .
Ma, dovunque c’è un’occasione propizia o una congiuntura economica o politica favorevole, sono pronte a emergere e a prorompere .
Si può davvero sostenere che le efferatezze della Germania nazista siano avvenute in Europa contro ogni previsione, come ritiene Levi?
(s.n.)

A proposito: “Traendo ispirazione dal patrimonio culturale, religioso e umanista dell’Europa, da cui si sono sviluppati i valori universali dei diritti inviolabili e inalienabili della persona umana, della democrazia, dell’eguaglianza, della libertà e dello Stato di diritto” (Dal Preambolo della Costituzione europea) .

COM’ERA BELLA LA SCUOLA PRIMA DELLA MORATTI

Avevo lasciato Rino con quaranta di febbre, e adesso me ne stavo seduto in cattedra mentre i bambini facevano cagnara. “Silenzio”, urlai alla scolaresca. Non vedevo l’ora di tornare a casa .
Continuavo a guardare l’orologio. Due scolari urlarono .
Uno aveva cacciato la penna dalla parte del pennino quasi nell’occhio dell’altro. Picchiai un manrovescio in faccia ad uno dei due. Colpii la vittima .
Mi decisi ad andare dal direttore e chiedere un permesso di mezz’ora per andare da Rino .
Bussarono alla porta. Era il direttore .
“Ho il figlio malato, potrei andare a casa mezz’ora?” domandai .
Il direttore mi guardò scuotendo la testa. “Le voglio raccontare un aneddoto, signor maestro Mombelli .
Quando noi eravamo ancora maestro, capitò che mio padre stava morendo. Noi andammo a scuola e ci dimenticammo che nostro padre stava morendo .
Questo perché? Perché, signor maestro, le preoccupazioni personali non si debbono portare nell’aula scolastica. Pensi, signor maestro Mombelli, pensi che la nostra è una missione. Mi faccia vedere il registro .
Sfogliò il registro e si portò le mani nei capelli .
“Signor maestro, stia attento alle anellate. La elle deve toccare la riga superiore; la effe deve toccare 9 quella superiore e quella inferiore; la di è l’unica anellata che non deve toccare la riga superiore ma deve fermarsi poco sotto, alla stessa altezza della ti .
Ah, non c’è una anellata che sia ben anellata, signor maestro. Vede qui: la bi è più alta della elle, la gi è più bassa della effe. Signor maestro, il registro è un documento ufficiale!”.

Da Lucio Mastronardi, Il maestro di Vigevano, Einaudi 1994 .

DUE POESIE DALLA BOEMIA-MORAVIA
Solitudine
di Sylvie Richterova*

Ho inventato un fantasma,
e subito ha voluto che gli stirassi le camice
e gli preparassi la colazione
forse perché non lo avevo pensato bene
fino in fondo .
Il bottone del colletto pendeva da un filo
la camicia era tutta stazzonata
e l’intero fantasma mi seguiva passo passo
e pendeva dalle mie labbra .
Forse perché non lo avevo pensato bene
fino in fondo .
Mi seguiva e aspettava quel che gli avrei detto .
Quando gli ho fatto “buh!”
ha solo ripetuto apaticamente il mio verso .

Allora ho inventato due fantasmi;
si sono guardati, si sono presi per mano,
Non si sono proprio occupati di me .
Praticamente, non li ho più visti .

Ho così potuto godere
la paura della solitudine
non pensata fino in fondo .

Rifiuti
di Jaroslav Seifert**

Che è rimasto di quei bei momenti?
Lo scintillio degli occhi,
una goccia di profumo,
un sospiro sul bavero,
un respiro sul vetro,
una briciola di lacrime,
un’unghia di tristezza.

Poi, quasi più nulla.
Un pugno di fumo,
un sorriso al volo,
un po’ di parole che rotolano
come rifiuti sospinti dal vento.

Dimenticavo:
anche tre fiocchi di neve.
Questo è tutto.

* Sylvie Richterova (Brno, 1971) vive in Italia; insegna letteratura ceca e slovacca all’Università La Sapienza di Roma .
** Jaroslav Seifert (Praga, 1901 – 1986); premio Nobel nel 1984. Oltre a numerose raccolte di poesie, ha scritto Vecky Krásy Sveta, pubblicato clandestinamente nel 1981, e tradotto in italiano (Tutte le bellezze del mondo, Studio Tesi 1991), dove racconta l’epoca dell’avanguardia praghese tra le due guerre e il periodo dell’occupazione nazista .

“NON HO NESSUNA CERTEZZA”

All’inizio del XVI secolo Piero De Lucca, un vecchio sacerdote, sospettato di eresia e per questo confinato in un monastero con il rigoroso divieto di allontanarsi, rovistando in un deposito polveroso a fianco della biblioteca, si trovò tra le mani il quinto tomo della “Alchimia meccanica” di Johannes Trassis .
I primi quattro tomi erano già da tempo scomparsi .
L’ultima copia conosciuta era stata bruciata, oltre cinquant’anni addietro, insieme a una catasta di altri libri proibiti di fronte alla cattedrale di Siviglia. Sopra la pila di libri, stava il corpo squartato e bruciato di Johannes Trassis .
Non appena riuscì a venire in possesso del volume, il sacerdote si trasferì nelle cantine del monastero e lì, sfuggendo a ogni contatto con gli altri inquilini del monastero – tutti trasferiti e segregati in quel posto per qualche ignota colpa passata, o semplicemente per essere riusciti sgraditi ai rappresentanti del potere ecclesiastico – iniziò a costruire una creatura di metallo e legno, seguendo le istruzioni dell’autore .
Lavorò senza sosta per un anno .
Riuscì a realizzare un automa che camminava e, con voce metallica, inizialmente si limitava a balbettare qualche parola in latino e a rispondere a domande molto semplici .
Con grandi sforzi, De Lucca lo migliorò e lo educò .
L’automa imparò sempre meglio il latino, il greco, e lo spagnolo. Imparò a rispondere a domande sempre più complesse. Quando non era in grado di rispondere, si limitava ad affermare: “Su questo argomento non ho certezza” .
De Lucca era estasiato e orgoglioso della sua opera .
Ma, a un certo punto, gli venne il sospetto che la creatura potesse essere uno strumento di Satana .
Alla domanda su questo punto, l’automa rispose: “Su questo argomento non ho certezza” .
Allora il sacerdote, impaurito, decise di inviare la creatura a Milano, con una lettera per l’arcivescovo, pregandolo di studiare attentamente il messaggero e di dargli una risposta circa la sua natura .
Passarono gli anni, senza che alcuna notizia pervenisse dall’arcivescovo. De Lucca pensava con crescente nostalgia alla sua creatura .
Ormai vecchio e malato, decise di consultarsi con il suo superiore nel monastero e questi, alla fine, gli permise di recarsi a Milano per non morire nel dubbio e nel peccato .
Tre arcivescovi si erano succeduti a Milano da quando De Lucca aveva inviato la sua creatura .
L’ultimo era morto avvelenato .
De Lucca si mise in viaggio. Aveva più di ottant’anni e giunse esausto, dopo mesi di cammino e di peripezie, a Milano .
Gli diedero una piccola stanza vicino alla cattedrale. Quando arrivò il momento del colloquio con l’arcivescovo, De Lucca non era ormai più in grado di alzarsi dal letto. L’arcivescovo allora, rompendo ogni protocollo, decise di andare lui stesso a fargli visita .
Quando entrò nella cameretta, De Lucca, ormai moribondo, raccontò, con interruzioni, ripetizioni e dimenticanze, la storia che lo aveva portato fino a quella camera. Supplicò l’arcivescovo di dargli una risposta alla sua antica domanda: “La creatura che ho costruito è uno strumento del maligno’?” .
L’arcivescovo, dopo un attimo di riflessione, rispose: “Su questo punto non ho nessuna certezza” .
Da Pablo De Santis, Il calligrafo di Voltaire, Sellerio 2003 .
Dal libro dello stesso scrittore argentino: “Sono arrivato in questo porto con poco bagaglio: quattro camicie, i miei strumenti da calligrafia e un cuore in un barattolo di vetro. Le camicie erano piene di rammendi e di macchie d’inchiostro, le mie penne rovinate dall’aria di mare. Il cuore invece, splendeva intatto, indifferente al viaggio, alle tempeste, all’umidità della cabina. I cuori si sciupano solo in vita; poi nulla può far più loro del male”.
UFO
I Disposto a credere
di Giorgio Manganelli*

La delusione più cocente e insieme più astratta della mia vita e di molti altri come me fu senza dubbio il mancato sbarco dei marziani nel decennio tra il 1950 e il 1960 .
Se siete dell’età giusta, ricorderete quegli anni torvi e eroici .
I giornali erano colmi di dischi volanti. Correvano notizie clandestine: un’astronave di provenienza sconosciuta era precipitata nel Messico, e dentro era affollata di omini alti un metro. Ci fu un periodo in cui la gente alle fermate degli autobus e dei tram guardava in alto per vedere se… Ho amici che passarono le ore notturne e estive a scrutare il moto di luci sospette; qualcuno vide stelle fulminee saettare per il cielo e ne provò traumi di natura politica e religiosa .
Una volta, in campagna, di sera, il magico luccichìo di un nodo di fili elettrici mi raggelò il sangue: sono arrivati. Miope e pigro, non cercavo di scorgere i segni del loro approssimarsi: li aspettavo .
Sono sempre stato disposto a credere nei dischi volanti, perché sono improbabili, infinitamente allusivi e soprattutto perchè non li ho mai visti. È vero, non li ho mai visti, e questa è l’unica prova a favore della loro esistenza che sono in grado, per il momento, di addurre .
Infatti, se fosse un caso di psicosi collettiva, come qualcuno dice, non c’è dubbio che io ci sarei cascato .
Insomma, se non fossero esistiti, io certamente li avrei visti. Ma non li ho visti, dunque non è improbabile che esistano .
Sono luminosi, eterei, allusivi e agili. Soprattutto, provengono da un luogo che, per il solo fatto di essere tecnicamente superiore, supponiamo istintivamente che sia anche benevolo, generoso, ben disposto verso questo pianeta. Dopo tutto, anche quando arrivarono gli uomini di Colombo gli indios pensarono che, essendo bianchi, forti e potenti, sarebbero stati benevoli, generosi e ben disposti verso la loro terra. La loro terra non ha ancora dimenticato i loro massacri e i loro roghi

II Hanno simpatia per l’America
di Carl Sagan**

In un sondaggio del 1992 condotto su circa 6000 cittadini degli Stati Uniti il 18% ha riferito di essersi svegliato talvolta di notte con una sensazione di paralisi, avvertendo una presenza estranea nella camera da letto; il 13% ha riferito di aver subito strani episodi di perdita del controllo del tempo, e il 10% di aver volato senza alcun supporto meccanico .
17 Sulla base di questi soli dati l’organizzazione che ha commissionato il sondaggio – un’associazione di soggetti che affermano di essere stati rapiti in una o più occasioni da UFO – ha concluso che almeno il 2% degli Americani sono stati ripetutamente prelevati da alieni .
Questa conclusione è divenuta da allora negli Stati Uniti una sorta di dato accertato in modo definitivo in merito alle c.d. abduction di terrestri da parte di UFO .
Ovviamente, ciò presuppone che gli alieni nutrano una particolare simpatia per gli Stati Uniti e per gli abitanti di quel paese .
Infatti, se gli alieni distribuissero equamente i propri prelievi di esseri umani sulla superficie terrestre, negli anni Ottanta vi sarebbero stati nel mondo oltre cento milioni di rapimenti: uno ogni pochi secondi.

* Il primo brano è tratto da articoli di Giorgio Manganelli apparsi su Il Giorno e su La Stampa tra il 1973 e il 1979, raccolti in UFO e altri oggetti non identificati – 1972 – 1990, Quiritta Roma 2003 .
** Carl Sagan, “Il mondo infestato dai démoni. La scienza e il nuovo oscurantismo, Baldini e Castoldi 1997 .

TRE POESIE DI C.K. WILLIAMS*

I

Questo è ciò che
Alla resa dei conti,
significa
Essere
Un essere umano .
Non escludere
Nulla, non
Una stella, non
Un passerotto,
non una lacrima .
II

Nella prossima vita,
Cara farfalla,
fra un migliaio d’anni
Ci troveremo seduti qui
Di nuovo
Sotto l’albero,
nella polvere,
ascoltando .
Che il mondo
Debba finire
Prima o poi
Non riguarda
L’usignolo:
è tempo di fare il nido
E lui fa il suo nido .

Nel mezzo
di un ciuffo
d’erba
Una tartaruga
Si ferma e ascolta:
un’ora
Due ore
Tre ore …

III

Il più grande ciclista del mondo
sta nel mio cuore; corre come un matto
Senza mani, a testa in giù
Vicino alle pareti e sopra i rilievi
E gli ostacoli, suonando freneticamente
il campanello, mentre il sole
si riflette fiammeggiante sui raggi .
Ma sta diventando vecchio. I suoi piedi
Non riescono a stare sui pedali .
I suoi denti si stringono
contro le mandibole per lo sforzo;
Temo proprio che ciò che mi resta di lui
È quel che gli fa stringere le dita sui freni
E lo trattiene, ogni volta, sullo stesso punto .

* Calvin Klein Williams è nato negli Stati Uniti, a Newark, New Jersey, nel 1936. Ha cominciato a scrivere poesie sotto la spinta dell’indigniazione per il Vietnam. Insegna alla Princeton University. Ha vinto il premio Pulitzer nel 2000 . Le prime due poesie sono tratte da Poems from Issa, 1983, la terza da Lies 1969 .

È ANDATA COSÌ
di Lisa Foa*

I Nel corso della mia esistenza, ho partecipato a molti cortei per la pace, ma ho incontrato ben pochi pacifisti. Ci sono invece molti contrari alla possibile guerra contro il terrorismo internazionale che si profila all’orizzonte in quel momento .
Molti non volevano intervenire in Spagna quando ci fu il sollevamento del generale Franco; molti non volevano fermare Hitler quando ingoiava boccone dopo boccone pezzi d’Europa; molti volevano lasciare a Milosevic il compito di pacificatore dei Balcani; molti non volevano e non vogliono intralciare la Russia nella sua pacificazione della Cecenia .
Molti sono contrari a una guerra, che è effettivamente difficile da capire e da giustificare se non si comprende appieno il fenomeno del terrorismo su scala planetaria .
C’è chi pensa che il terrorismo internazionale sia l’arma dei poveri e dei reietti contro gli Stati potenti e superarmati che li sfruttano. Ma è semplicistico continuare a fare ricorso alle categorie un po’ vecchiotte del nostro terzomondismo. Il terrorismo è palesemente opera di élite ricche e potenti .
Sono passati diversi anni dal crollo degli imperi coloniali e gli stessi nuovi Stati indipendenti hanno imparato che, nonostante appartengano a un mondo pieno di disuguaglianze e ingiustizie, non tutti i mali sono imputabili allo scambio ineguale e alle spietate leggi del mercato. Molti derivano dai regimi autocratici dispostici e corrotti che si sono instaurati in questi Paesi e dalle guerre che si fanno tra di loro .
Non so se sia una ventata di messianesimo postmoderno o un revival di internazionalismo trozkista a ispirare gli strateghi statunitensi nei loro progetti di esportare la democrazia con bombe e missili. Ma se il ricorso al fanatismo generalizzato è un’idea scaturita dalla mente malata di dittatori che non devono rendere conto ad alcuno delle loro azioni e non devono affrontare controlli, critiche e contestazioni interne, perché escludere che la rimozione di dittatori e strutture totalitarie possa avere esiti positivi? Non credo affatto che la guerra possa sempre essere una soluzione, ma non credo nemmeno che si possa in ogni caso fare a meno dell’uso della forza. Fronteggiare il terrorismo internazionale o condurre l’opposizione nei confronti di dittatori senza scrupoli non è un pranzo di gala .
II Ogni tanto è pur necessario voltare pagina altrimenti si rischia di finire come gli eterni duellanti di Conrad. La cosa essenziale, come ha detto Vaclav Havel, è saper voltare pagina, anche se dopo aver letto e assimilato il contenuto .
Il peggior nemico della memoria non sono la rimozione e l’oblìo, ma il ricordo che tende a semplificare, appiattire, banalizzare ciò che è successo .
Quando gli storici vanno a studiare più da vicino e quando i testimoni scavano più in profondo nella loro memoria, emergono sfumature, luci e ombre, si scopre che le cose sono più ingarbugliate insensate e bizzarre di come ci sono state trasmesse. A questo punto potremmo chiederci se tutto ciò che abbiamo fatto sia servito a qualcosa. Che cosa ci ha spinto a darci tanto da fare quando molti altri nostri coetanei se ne sono stati buoni e tranquilli? In questo volume si è parlato molto di me, di ciò che facevo e pensavo nei vari periodi della mia esistenza .
Forse pensavate che ciò che avevo da raccontare fosse particolarmente interessante, insolito, divertente . Es gibt auch anders, dice Bertolt Brecht nella Dreigroschenoper .
Poteva andare anche altrimenti. Ma a me è andata così in questo lunghissimo secolo che è stato il Novecento.

* Da Lisa Foa, È andata così, Sellerio Palermo 2004 .

SETTE POESIE DI ELSE LASKER-SCHÜLER*

Arrivo

Sono giunta al confine del mio cuore .
Più oltre, non mi conduce alcun raggio .
Dietro, lascio il mondo,
e le stelle si alzano in volo: uccelli dorati .

Innalza la torre della luna l’oscurità –
Oh, come leggera mi colpisce una dolce melodia .
Ma le mie spalle si sollevano, orgogliose cupole .

Un vecchio tappeto tibetano

La tua anima è intrecciata con la mia anima
Nella trama del tappeto tibetano .

Raggio su raggio, colori innamorati,
stelle che gareggiarono lungo tutto il cielo .

I nostri piedi riposano vicini sull’intreccio prezioso,
eppure lontani miglia e miglia .

Dolce figlio del Gran Lama seduto sul trono della rosa
Da quanto tempo ormai la tua bocca bacia la mia
E la guancia la mia guancia, per istanti trapunti di colori?

Mi vedi tu

Tra cielo e terra?
Mai qualcuno calpestò il mio sentiero .

Ma il tuo volto riscalda il mio mondo,
da te proviene ogni fioritura .

Quando mi guardi,
dolce diviene il mio cuore .

Io giaccio sotto il tuo sorriso
E imparo a fare il giorno e la notte,

a evocarti e a farti scomparire,
sempre gioco quest’unico gioco .

Al Cavaliere

Non c’è più il sole,
eppure il tuo volto risplende .

La notte è senza prodigi,
tu sei il mio sonno .

Il tuo occhio brilla come stella cadente
E sempre esprimo il mio desiderio .
Oro puro è il tuo riso,
il mio cuore danza nel cielo .

Se arriva una nuvola –
Allora muoio .

Segretamente di notte

Ti ho scelto
Tra tutte le stelle .

E sono sveglia – un fiore che ascolta
Nel bosco che mormora .

Le nostre labbra vogliono emettere miele
Le nostre notti splendenti sono in fiore .

All’etereo brillare del tuo corpo
Il mio cuore accende i suoi cieli .

Tutti i miei sogni sono appesi al tuo oro,
ti ho scelto tra tutte le stelle .

Il mio pianoforte azzurro

Ho a casa un pianoforte azzurro
E non so suonare neppure una nota .

Sta nel buio di una cantina
Da quando il mondo si è disgregato .
Suonano le quattro mani delle stelle
– la donna della luna canta sulla barca –
Ora danzano i topi allo strimpellio .

Spezzata è la tastiera. .
Io piango la morte azzurra .

Cari angeli, apritemi
– ho mangiato pane assai amaro –
A me ancor viva le porte del cielo –
Anche se ciò non è permesso .

Te solo

In una cinta di nuvole il cielo
porta la curva luna .
Sotto la sua falce
nella tua mano voglio riposare .
Il mio volere dev’essere sempre
quello della tempesta- sono un mare senza riva .

Ma da quando cerchi
le mie conchiglie,
il mio cuore risplende .
Giace
sul mio fondo, incantato .
Forse e’ il mondo il mio cuore,
bussa
e te solo cerca .
Come devo chiamarti?

* Else Lasker-Schüler (1869 – 1945) fu tra i più noti personaggi della boheme berlinese nei primi decenni del secolo e una importante esponente dell’espressionismo tedesco .
Frequentò Karl Kraus (che la definì “il più impervio fenomeno lirico della Germania moderna”), Franz Werfel, Arnold Schonberg, Anton Webern, Oskar Kokoschka, Franz Marc, Gottfried Benn (per il quale “è stata la più grande poetessa tedesca dell’epoca”). Nel 1933 vinse il Premio Kleist ma poco dopo dovette fuggire dalla Germania e tutte le sue opere vennero bruciate. Si trasferì prima in Svizzera, poi in Palestina. Si stabilì definitivamente a Gerusalemme nel 1940. Un vecchio tappeto tibetano – secondo Kraus tra le più incantevoli e commoventi mai lette – fu pubblicata su Die Fackel nel 1910 .
Le poesie sono tratte dal volume Sämtliche Gedichte in einem Band, pubblicato da Suhrkamp. In Italia hanno pubblicato suoi scritti gli editori Giunti (Il mio cuore e altri scritti, 1990), Einaudi (Lettere al cavaliere azzurro, 1991) e Giuntina (La terra degli ebrei, 1993) .

UNA AMARA SERENITÀ
di Italo Calvino*

Così viviamo noi, in Italia, adesso .
Un atteggiamento non fa in tempo a consolidarsi ed è già vecchio: pro o contro perché conservatori o perché progressisti, gli uni e gli altri a pari ragione, essere pro ma avendo fatte proprie le ragioni di chi è contro, essere contro ma nell’interesse di chi è pro, e intanto tutto procede, senza che quelli pro e quelli contro contino davvero qualcosa .
Si va, si incontra gente, e a ogni incontro le opinioni hanno un sobbalzo. Il più delle volte per bisogno di contraddizione, più raramente per consenso, quando riusciamo a parlare con uno giusto .
Uno che lavorando al centro del suo settore ha la sensazione di mandare avanti qualcosa, anche se non si nasconde gli ostacoli e le difficoltà di avanzare in un punto solo, in una situazione generale contraddittoria, tuttavia ha del futuro una immagine chiara .
Oppure uno che lavora in un ambiente marginale e vede tutto il negativo, il rovescio della medaglia, la corruzione che sale, l’andazzo facile, il dismettersi degli ideali, e nel suo pessimismo trova la forza di insistere, di perseverare nella propria linea di condotta, e mantiene una amara serenità.

* Da Italo Calvino, Una amara serenità, in “Il menabo, 7 – una rivista internazionale”, Einaudi, Torino 1964, ora in Opere, “Meridiani”, Mondatori, Saggi, I, 125 .

SEMI D’ORIENTE
antichi proverbi dalla Cina
Quando il sole è al tramonto, anche le ombre dei nani si allungano .

Anche un nano, salendo di gradino in gradino, puo guardare più in alto di un gigante .

Chi è stato morso dal serpente anche una sola volta, avrà sempre paura di camminare nell’erba alta.

INDICE PER AUTORE DEI PRIMI 26 VOLUMI

Il viaggio di Testi Infedeli, lungo quindici anni, è stato scandito dalla riproduzione, per lo più infedele, di pensieri e parole di tanti autori, tra i quali:
A-L THEODOR WIESENGRUND ADORNO – FRANCIS BACON GIORGIO BASSANI – SAUL BELLOW – WALTER BENJAMIN GEORGE BERNANOS – PIERO BIGONGIARI – JORGE LUIS BORGES – VITALIANO BRANCATI – BERTOLT BRECHT JOSEPH BRODSKY – GEORGE BYRON – ITALO CALVINO LUCIANO CANFORA – VINCENZO CARDARELLI ERNESTO CARDENAL – ALFREDO CATTABIANI – NOAM CHOMSKY – MARCO TULLIO CICERONE – LUCIUS IUNIUS MODERATUS COLUMELLA – MARCO D’ERAMO BIRAGO DIOP – DAVID DIOP – BLAGA DIMITROVA BOB DYLAN – ALBERT EINSTEIN – HANS MAGNUS ENZENSBERGER – SERGEJ ALEKSANDROVIC ESENIN MARK ESSIG – EURIPIDE – FEDRO FRANCIS SCOTT FITZGERALD – MICHEL FOUCAULT – FEDERICO GARCIA LORCA – JOHANN WOLGANG GOETHE – MARTIN HEIDEGGER – NAZIM HIKMET ALDOUS HUXLEY ISMAIL KADARÉ – GERTRUD KOLMAR – MERI LAO D. LEROY – BERNARD-HENRY LEVY – CLAUDE LEVI STRAUSS .
M-Z CLAUDIO MAGRIS – KARL MARX – HERMAN MELVILLE – RAFAEL MORALES CASAS – EUGENIO MONTALE – LETIZIA MURATORI – LEON OCTAVIO NEGROPONTE – ARYEH NEIER – ISAAC NEWTON SIMION R. NKANUNI – WILLIAM NKRUMA – PIERGIORGIO ODIFREDDI – ORIGENE – GOFFREDO PARISE ANTONIO PASCALE – PINDARO – SYLVIA PLATH CHEN PO TAI – JACK PRELUTSKY – JEAN EDME ROMILLY – JOHN READER – JOSEF SKVORECKY GREGOR VON REZZORI – JOSÉ SARAMAGO – FULVIO SCAPARRO – AMARTYA SEN – LUCIO ANNEO SENECA MICHELE SERRA – PERCY BYSSHE SHELLEY LEONARDO SINISGALLI – WILLIAM SOMERSET MAUGHAM SOFOCLE – GEORGE STEINER – ROBERT LOUIS STEVENSON – ENZO STRIANO – MANIL SURI J. E. G. SUTTON – ALENA SYNKOVA’ – WISLAVA SZYMBORSKA – ANTONELLA TARPINO – IDEA VILARINO JUDITH VIORST – GEORGE WASHINGTON – STEVEN WEINBERG – WULSTAN – F. YATES – KARIM ZAIMOVIC LIONEL ZANGARO – ELEMIRE ZOLLA .
Questo ventisettesimo volume dei Testi Infedeli è stato stampato nel novembre del 2004 in 250 copie non numerate e fuori commercio da Compostudio s.r.l .
di Cernusco sul Naviglio, Milano .
Come sempre, tutti i testi sono stati liberamente e infedelmente tradotti e talvolta riscritti; spesso è stato rispettato – non sempre integralmente – il pensiero dell’autore .
Il volume non sarà più inviato a chi non ne accusa ricevuta per due volte consecutive. Se intendete favorirne la diffusione, indicatemi (all’indirizzo di posta elettronica nespor@nespor.it) fino a 3 nomi ai quali far arrivare la prossima copia del libretto .
I Testi Infedeli apparsi a partire dal 1992 possono essere letti nel sito www.nespor.com (ove sono raccolti anche altri miei scritti e una scelta dei miei disegni) .
Il sito è curato e aggiornato da Stefano Rossi .
L’inserimento dei Testi infedeli nel sito è stato curato in passato anche da Beniamino Nespor .
Per l’elaborazione di questo volume ringrazio per l’aiuto e i suggerimenti Maria Inglisa, Antonio Civitelli, Manuela Cuoghi, Salvatore Giannella, Marina Nespor, Pasquale Pasquino.
(s.n.)

Questa dei Testi Infedeli, ovvero testi famosi, rivisitati e rimessi a posto perchè piacciano di più a chi l’invia e scuotano d’interrogativi chi li riceve, chi sa, chi capisce, è una storia letteraria ideata, stampata, cadenzata, da un avvocato alto alto, Stefano Nespor… Egli è fedelmente infedele al suo manoscritto che ogni sei mesi si aggira nelle case milanesi di chi sa ed è in grado di scoprire le infedeltà. “Non invidio nessuno e intendo trovare soddisfazione in ogni cosa. Questo, mio caro amico, è il programma della mia marcia”: così disse George Washington. O no?” Da “Testi Infedeli, la nuova moda chic della letteratura” di Lina Sotis, Corriere della Sera, 16 luglio 2003” .