JONATHAN SWIFT, A PORTRAIT

Tutti conoscono Gulliver: è ormai divenuto una delle immagini archetipiche del viaggiatore avventuroso.

È anche il personaggio che esprime l’ansia di ricerca e di dominio della società e del capitalismo inglese della prima parte del XVIII secolo, irridendone nel contempo le convinzioni eurocentriche, o meglio ancora anglocentriche: Gulliver nei suoi numerosi viaggi invariabilmente incontra popoli diversissimi dagli europei (è sempre più alto o più basso di quelli che incontra), provvisti di loro civiltà e di loro culture.

Ma, nonostante le avversità e le peripezie, Gulliver, a differenza dell’altro grande viaggiatore inglese dell’epoca, Robinson Crusoe, creato dal contemporaneo e amico di Swift, Daniel Defoe, trova sempre il modo in breve tempo di ritornare in patria, pronto per un altro viaggio.

Se tutti conoscono almeno di nome Gulliver, sono pochi fuori dall’Inghilterra quelli che hanno letto “Gulliver’s Travels” nella sua edizione integrale (e non in una delle diecine di riduzioni e rimaneggiamenti per ragazzi), e sono ancora meno quelli che conoscono l’Autore, Jonathan Swift e la sua enorme produzione letteraria come romanziere, poeta, saggista, polemista, politologo, difensore dei diritti degli Irlandesi.

Eppure Swift, dopo aver goduto di grande fama in vita, ha continuato a costituire l’esempio e il punto di riferimento per la letteratura inglese fino ad oggi, restando anche il fulcro di numerosi irrisolti misteri concernenti la sua vita privata.

Prima di tutto: Swift, prete anglicano, credeva in Dio?

Era matto, o faceva solo finta di esserlo, per poter liberamente insultare e sbeffeggiare tutti i suoi numerosissimi nemici politici e avversari letterari?

Si sposò davvero in segreto con Esther Johnson ed ebbe, come molti sospettavano, rapporti ben più che affettuosi con Vanessa?

Fino ad oggi, i fans di Swift avevano a disposizione per documentarsi la impegnativa ma davvero esauriente biografia in tre volumi di Irvin Ehrenpreis “Swift, the Man, His Works and the Age”.

Oggi c’è – senza dover subire rinunciare per il tempo considerevole che l’opera di Ehrenpreis necessariamente impone ad altre letture o ad altre attività amene – il libro di Victoria Glendinning (già autrice di una accurata biografia di Anthony Trollope).

Il libro è agevolmente leggibile, affronta spavaldamente tutti i misteri della vita privata di Swift e cerca di dipanare, offrendo soluzioni spesso intuitive, gli enigmi di cui egli amava circondarsi.

Come dice il titolo, il libro è un ritratto dell’uomo più che una biografia dettagliata.

Ma è un ritratto che, in breve, in forma discorsiva e gradevole, permette di conoscere questo straordinario ed elusivo personaggio, che, come osserva l’autrice, ricerca spasmodicamente riconoscimenti dal mondo, ma nel contempo si rifiuta di accettarne le regole e le ingiustizie.