IL CANDIDATO È UN SITO

Stati Uniti.

Nella campagna presidenziale e elettorale del 1992, la posta elettronica era considerata uno strumento sperimentale e di avanguardia: pochi candidati ne fecero uso per comunicare con gli elettori, nessuno pensò che potesse avere una qualche importanza.

Infatti, non ne ebbe.

Nel 1996, i candidati alla Presidenza e molti candidati al Congresso lanciarono delle proprie pagine web, offrendo quasi esclusivamente quella che viene denominata brochureware, cioè quel tipo di pubblicità elettorale che viene comunemente usata in forma cartacea nelle campagne elettorali.

Nessuna interattività, nessuna analisi dei messaggi ricevuti; solo inviti ad esprimere opinioni, finalizzati però a costruire mailing-list per la campagna da utilizzare al di fuori del web (una eccezione era costituita dal sito di Bob Dole, come rileva Sara Bentivegna nel suo libro La politica in rete, Meltemi 1999, unica opera in italiano che offre dati e considerazioni sull’esperienza delle elezioni americane del 1996).

In conclusione, la campagna elettorale online nelle elezioni del 1996 era considerata – e probabilmente è stata – assolutamente inutile per raccogliere voti, ma assai economica, e inevitabile, visto che anche i competitori ne facevano uso.

Sono passati quattro anni.

Siamo vicini alle elezioni del 2000.

Volete sapere chi sono India, Cowboy e Ernie?

Semplice, cliccate su <www.georgewbush.com> e scoprirete che sono i tre gatti di George Bush: su quel sito vedrete anche le foto delle sue figlie, del cane Spot e di George da giovane (prima di fumare erba, e prima anche di evitare la guerra del Vietnam).

Volete sapere come fare per organizzare una serata per raccogliere fondi per la campagna di Bill Bradley?

Altrettanto semplice, cliccate su <www.billbradley.com> , poi entrate in Dinner Party Kit, e avrete tutte le informazioni necessarie (Bradley ha raccolto in questo modo oltre un milione di dollari già nelle prime settimane della sua campagna).

Se poi siete davvero stati in Vietnam, cliccate <www.mccainpatriots.com>, collegato con il sito principale di McCain, <www.mccain2000.com> , e vi troverete insieme a tutti i veterani che sostengono la sua campagna.

Non solo i candidati al posto più importante (quello di Presidente), ma tutti coloro che cercano di conquistare uno qualsiasi delle centinaia e centinaia di posti da assegnare nelle prossime elezioni sono muniti di un sito con il quale presentano sé stessi e i loro progetti, dialogano con i possibili elettori, ricevono finanziamenti per la loro campagna.

Numerosi siti web offrono poi informazioni di carattere generale sulla campagna elettorale, sui candidati e i loro programmi, sugli orientamenti di voto degli elettori, sui finanziamenti che ciascuno ha ricevuto, e su come i soldi sono stati spesi (provate a consultare, tanto per avere un esempio, <www.politics.com>  oppure <www.vote.com> fondata qualche anno fa da due avvocati impegnati nelle lotte giudiziarie contro i produttori di sigarette).

Questi sono i siti “ufficiali”: una piccola parte della politica online attuale negli Stati Uniti. Intorno ad essi gravita infatti una nebulosa di siti di fiancheggiatori, oppure di oppositori dei candidati: sono i cosiddetti hangers-on.

I primi sono costituiti e mantenuti da volontari, i quali svolgono attività di sostegno del loro candidato, organizzano meeting, raccolgono fondi.

Tutti questi si avvalgono di una particolare disposizione della legislazione elettorale, che esonera dalle rigide regole riguardanti la raccolta di fondi e di finanziamenti coloro che non sono inseriti nella organizzazione costituita dal candidato per la sua campagna.

Naturalmente, sono attentamente sorvegliati dalla Commissione incaricata di vigilare sull’andamento della campagna elettorale, che controlla che siano effettivamente volontari veri e propri.

Ci sono infine anche i siti ostili. Il più famoso è  <www.gwbush.com>: il suo creatore, Zack Exley, pedina da mesi con scrupolosa assiduità George Bush e ne smentisce o ridicolizza tutte le dichiarazioni o gli impegni che assume (“Bush non è solo il miglior candidato, è il miglior candidato che potete comprare con i vostri soldi” è uno degli slogan più noti del sito).

Exley offre anche una completa rasssegna di links ragionati a tutti i siti ostili a Bush (attualmente, circa una diecina) ed a quelli ostili ad altri candidati.

Da lì, si può quindi navigare verso <www.run-hillary.com>, dedicato a Hillary Clinton (ma da qualche tempo non consultabile) e verso <www.AlBore.com>  (bore significa noia), sito ombra di Al Gore, attualmente in vendita per 5000 dollari: il creatore garantisce migliaia di accessi quotidiani.

Non c’è da stupirsi: si calcola che dei 70 milioni di americani che utilizzano oggi la Rete, almeno un paio su dieci consultino abitualmente i siti della politica online.

Un mutamento inimmaginabile e vertiginoso dal 1996, per non parlare del 1970, appena trenta anni fa, quando la televisione, e l’offerta al pubblico dei tre famosi confronti diretti tra Kennedy e Nixon sembravano aver cambiato per sempre i modi di condurre una campagna elettorale.

Questa è l’America.

Che succede qui in Italia, ai margini dell’impero delle telecomunicazioni e della libertà sulla Rete?

Anche qui, le cose sono cambiate.

Nessuno più (con qualche eccezione, per rispetto delle tradizioni) affida la sua campagna elettorale ai comizi sulla piazza del paese (magari arrampicandosi, se di bassa statura, su cassette della verdura, come faceva Fanfani).

Sono in netto calo anche tutte le propagande cartacee che infestavano sino a pochi anni fa la nostra casella della posta e il nostro tergicristalli.

Siamo nell’epoca del trionfo della televisioni e degli spot.

Certo, anche i candidati si sono accorti che esiste Internet, e molti si sono muniti di un sito Web.

Ma andate a vederli: siamo ancora all’offerta del volantino di propaganda visualizzato, e, se presentabile, alla presentazione di un sintetico curriculum (che sarebbe comunque insufficiente per farsi assumere da qualsiasi organizzazione internazionale: chissà perché è ritenuto sufficiente per farsi votare come Presidente di una Regione italiana.).

Ci sono i siti dei vari partiti, alcuni anche ben congegnati: ma questo non è un segno di comprensione del nuovo, ma di inconscia riproduzione del vecchio, di mantenimento di una gara politica in cui non contano la persona, il candidato, i suoi programmi e le sue capacità: conta, più di tutto ciò, e più delle idee del candidato,  la sua appartenenza e le idee del partito in cui è inserito.

La campagna politica sulla Rete offre, tra gli altri, alcuni vantaggi.

L’interattività prima di tutto: ciascun candidato può comunicare direttamente e personalmente con il suo possibile elettore, confrontarsi con le sue domande e dare delle risposte.

Poi, la disintermediazione: ciascun candidato può stabilire un contatto diretto con l’elettore, senza passare attraverso mediatori quali il presentatore o il programma televisivo.

Infine, la pubblicità: ogni dichiarazione o affermazione del candidato è sottoposta immediatamente ad una verifica globale e pubblica, e può essere confermata (o smentita) altrettanto pubblicamente.

Sembra però che questi, nella campagna elettorale italiana, non siano vantaggi, ma pericoli.

A quanto sembra, nessuno è disposto a fissare sulla Rete idee, programmi e dati sui quali basa la sua campagna elettorale. Nessuno è disposto a un confronto, sulla Rete, rispetto a ciò che dice o a ciò che afferma.

Ma soprattutto, nessun candidato sembra disposto a dichiarare da dove trae i finanziamenti per la sua campagna e quali siano i suoi effettivi sostenitori.