TUTTI I CRIMINI DEL BUON LEOPOLDO

Negli ultimi anni, le ragioni umanitarie e, più in generale la tutela dei diritti umani sembrano aver fatto irruzione sulla scena mondiale.

La politica nazionale e internazionale e la diplomazia hanno fatto un intenso uso delle ragioni umanitarie come meccanismo di giustificazione di interventi bellici o di invasioni militari in paesi sovrani.

D’altro canto, il principio della perseguibilità delle violazioni dei diritti umani, da chiunque commesse, è stato alla base delle storiche decisioni adottate dalle Corti giudiziarie inglesi nel caso Pinochet.

Molti ritengono che questi casi siano espressione di una evoluzione del diritto e delle relazioni internazionali determinata dal progressivo corrodersi dello Stato nazione e delle barriere offerte dal principio di sovranità.

In effetti, la sovranità è oggi qualcosa di intrinsecamente diverso da ciò che era solo pochi decenni orsono.

Certamente i governi sono meno liberi di fare quel che vogliono, sia del loro territorio e del loro ambiente, sia dei popoli che governano: molti concordano sul punto che la sovranità, e cioè il potere di una nazione di impedire ad altri di interferire nei suoi affari interni, si va rapidamente erodendo.

Questa valutazione coglie il segno per ciò che riguarda il caso del generale Pinochet, che solo pochi anni orsono avrebbe potuto circolare liberamente per tutta Europa, seguito al più da qualche manifestazione di protesta.

Pinochet è quindi effettivamente una vittima – se così si può definire – della disgregazione del principio di sovranità.

È però errato ricondurre alla disgregazione della sovranità o all’evoluzione del diritto internazionale le varie invasioni e aggressione per ragioni umanitarie verificatesi a partire dall’operazione Restore Hope in Somalia.

Le attuali invasioni belliche per scopi umanitari, infatti, non sono l’effetto di una disgregazione della sovranità, ma al contrario, di una sua potente riaffermazione: una riaffermazione, perché questo istituto sorge molto tempo fa, per legittimare l’occupazione del Nuovo Mondo da parte prima della Spagna e poi delle altre potenze occidentali.

Ed infatti, una delle caratteristiche fondamentali delle aggressioni militari per ragioni umanitarie attuali – non diversamente da quelle attuate nel XVI e XVII secolo – è quella che lo spirito umanitario anima invariabilmente Stati militarmente e economicamente potenti, mentre destinatari dell’intervento umanitario sono sempre Stati o comunità militarmente e economicamente deboli.

Questo può significare che la mancanza di umanità è propria solo degli Stati poveri e che, viceversa, solo gli Stati ricchi che molto investono in armi e in apparati bellici sono non solo genuinamente umanitari, ma per di più animati da un incontenibile spirito solidaristico, che porta ad affrontare spese enormi in nome di principi di fratellanza.

Oppure può significare che gli Stati ricchi e potenti usano il pretesto delle ragioni umanitarie per fare guerre non consentite dal diritto internazionale, quasi sempre vietate dalle normative costituzionali dei singoli Stati, e comunque non giustificabili di fronte all’opinione pubblica interna.

Ma, a prescindere da ciò, la pratica dell’invasione e dell’aggressione militare giustificata dallo spirito umanitario degli invasori, sorta e teorizzata in Europa, come detto, alcuni secoli orsono, ha avuto varie più recenti applicazioni.

Nella sua versione contemporanea, è stata messa a punto ufficialmente negli anni Trenta, dopo che nel 1929 il patto Briand-Kellogg – sottoscritto da ben 65 Stati sui circa 100 allora esistenti – aveva solennemente abolito il ricorso alla guerra come strumento per dirimere conflitti internazionali, segnando così non la fine delle aggressioni militari, ma la necessità di giustificarle con ragioni umanitarie (ritenute compatibili con gli scopi del patto).

Così, è per tutelare i diritti umani degli abitanti Manchù, violati dai Cinesi che il Giappone interviene militarmente in Manciuria nel 1931, rendendosi responsabile di estensivi massacri della popolazione civile.

È per tutelare un popolo ridotto in schiavitù dai suoi governanti che l’Italia interviene in Etiopia nel 1935, con ampio uso di armi chimiche e di gas.

È infine per tutelare i diritti umani del popolo tedesco conculcati dal governo cecoslovacco che la Germania nazista occupa la Cecoslovacchia nel marzo del 1939.

L’invenzione del meccanismo delle ragioni umanitarie per giustificare una aggressione militare è però ancora precedente.

Ne è artefice uno dei più astuti ed efferati criminali della recente storia europea: Leopoldo II re dei Belgi, padrone assoluto del Congo.

Affermando di voler assistere materialmente e spiritualmente le popolazioni  locali, di volerle proteggere dalle incursioni dei briganti arabi alla ricerca di schiavi per il mercato di Zanzibar e di volerle immettere come liberi soggetti nella comunità internazionale, Leopoldo II riesce in un’impresa davvero eccezionale: alla Conferenza di Berlino del 1885, ove viene avviata la spartizione dell’Africa tra le potenze europee, fa assegnare non al Belgio, ma ad una associazione privata, la International African Association, l’immenso territorio del Congo.

In poco tempo, ottenuta l’assegnazione, l’associazione di dissolve, lasciando al suo posto Leopoldo II.

È l’unico caso di una colonia che costituisce, con tutti i suoi abitanti, la proprietà di una singola persona.

C’è un libro straordinario e avvincente che descrive la storia di Leopoldo II, del Libero Stato del Congo, e dei vari personaggi che vi hanno preso parte (Adam Hochschild, King Leopold’s Ghost. A Story of Greed, Terrror, and Heroism in Colonial Africa, Houghton Mifflin Company, New York 1998), purtroppo tuttora non tradotto in italiano.

Il libro offre una impressionante documentazione delle condizioni di schiavitù con le quali in Congo le popolazioni erano costrette a lavorare per raccogliere prima l’avorio, poi la gomma, preziose merci destinate ai mercati e ai consumatori europei.

Coloro che si rifiutavano di prestare la loro attività lavorativa erano deportati, seviziati o uccisi insieme ai membri delle loro famiglie, o, assai spesso, al fine di risparmiare munizioni, erano puniti con il taglio delle mani, che venivano pubblicamente esposte come monito dalle truppe di re Leopoldo (è in Congo che Conrad ha visto e sperimentato ciò che poi racconterà in uno dei suoi più celebri racconti, Cuore di tenebra).

Nel frattempo, Leopoldo II era descritto dai suoi sostenitori come “uno dei più nobili sovrani del mondo, un imperatore la cui unica ambizione è quella di servire la causa della civilizzazione cristiana e di promuovere il benessere dei suoi sudditi, governando con saggezza, tolleranza e giustizia” Quel dominio che la capillare propaganda di Leopoldo  giustificava come finalizzato alla diffusione della civilizzazione cristiana (con il sostegno, naturalmente, delle gerarchie ecclesiastiche) celava in realtà un metodico e ferocissimo genocidio di popolazioni inermi (intere aree del Congo vennero spopolate da deportazioni e massacri), determinato non da ragioni ideologiche, ma da grette finalità commerciali e di accumulazione di immense ricchezze.

Pochi coraggiosi (e tra questi non c’erano né Conrad né i numerosi preti cattolici presenti in Congo: fino all’ultimo il Vaticano ha difeso il cattolico Re dei Belgi), dopo aver visto ciò che accadeva in Congo, si dedicarono alla denuncia del regime di terrore ivi instaurato.

Ma per anni e anni, neppure le foto delle mani mozzate diffuse sui giornali europei riuscirono a smuovere l’opinione pubblica europea.

Solo dopo molto tempo, e dopo aver ammassato incalcolabili ricchezze, Leopoldo si vide costretto  a vendere al Belgio il suo Congo, e a rinunciare alla sua impresa umanitaria.

“Il Belgio avrà il mio Congo, ma non ha diritto di sapere ciò che io ho fatto lì” si racconta che abbia detto, dando incarico di distruggere tutti i documenti e gli archivi relativi al suo Libero Stato del Congo.

Come si vede, non c’è assolutamente nulla di nuovo nelle aggressioni belliche condotte per dichiarate finalità umanitarie: c’è, anzi, puzza di merce stantia e riciclata, contando sulla scarsa memoria degli ascoltatori.

Del resto, se Leopoldo con i pochi mezzi di persuasione all’epoca a sua disposizione è riuscito per quasi vent’anni a massacrare intere popolazioni per un po’ di gomma, convincendo gli europei che stava conducendo una faticosa missione umanitaria, è facile immaginare che i Governi europei attuali, con le tecnologie di comunicazione oggi a disposizione, possano ottenere consensi ben più estesi.

Possano anche persuadere l’opinione pubblica che c’è qualcosa di nuovo.