La lunga marcia della privatizzazione della sanità pubblica

La lunga marcia della privatizzazione della sanità pubblica, nota a sentenza in DL 2000, p. 183.

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Pretura Genova est. Ravera, 27/10/99 (ord.), … c. Ospedale S.Martino.

Medici ospedalieri – Esercizio dell’opzione entro il termine fissato dall’art.15-quater del D.L.vo 229/1999 – Necessità.

L’art. 15-quater del D.L.vo 19\6\1999 n.229 ha collegato l’obbligo di opzione del dirigente del ruolo sanitario (medici ospedalieri) in servizio alla data del 31/12/1998 per il rapporto esclusivo al mero trascorrere di 90 giorni dall’entrata in vigore del D.L.vo stesso, escludendo quindi che la predetta opzione debba essere esercitata solo dopo l’attivazione da parte dell’ente datore di lavoro di mezzi e strutture per l’esercizio dell’attività professionale c.d. intramuraria. (*)

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Pretura Genova, est. Barenghi, 25/10/99 (ord.), Guglielminetti e altro (…) c. Ospedale S.Martino.

Medici ospedalieri – Esercizio dell’opzione entro il termine fissato dall’art.15-quater del D.L.vo 229/1999 – Sospensione del termine da parte dell’AGO in sede cautelare – Impossibilità.

Non è consentito all’Autorità giudiziaria adita in sede cautelare di sospendere l’efficacia del termine di 90 giorni entro il quale i dirigenti del ruolo sanitario (medici ospedalieri) in servizio alla data del 31/12/1998 debbono optare per il rapporto esclusivo con l’ente datore di lavoro, essendo il termine previsto da  una disposizione avente forma di legge (art.15-quater del D.L.vo 19\6\1999 n.229).(*)

(*) La lunga marcia della privatizzazione della sanità pubblica.

L’art.15-quater del D.L.vo 229/1999 (c.d. “Bindi ter”) ha stabilito che “entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto tutti i dirigenti in servizio alla data del 31 dicembre 1998 sono tenuti a comunicare al direttore generale l’opzione in ordine al rapporto esclusivo. In assenza di comunicazione si presume che il dipendente abbia optato per il rapporto esclusivo”.

La disposizione impone quindi al medico ospedaliero una opzione incondizionata e irreversibile entro un termine prefissato.

In particolare, mentre l’art.1, 10° comma della L.662/1996 subordinava l’obbligo di opzione del medico all’esistenza di strutture all’interno dell’ente ospedaliero già attivate che consentissero di svolgere la attività libero professionale c.d. intramuraria, offrendo quindi al medico una concreta facoltà di scelta tra due possibilità (con la conseguenza che in molti casi era stato ritenuto illegittimo costringere un medico all’opzione qualora non fossero state in concreto predisposte le strutture delle quali il medico avrebbe potuto avvalersi pe svolgere la sua attività inframuraria: cfr. per esempio Pretura Milano, est.Martello, 3\6\1999 (ord.) Guastella c. Ospedale Maggiore di Milano), l’art.15-quater impone l’esercizio l’obbligo indipendentemente dall’esistenza o dall’attivazione di strutture ove il medico possa svolgere la sua attività libero professionale.

Poiché l’esercizio dell’attività professionale resta pur sempre un diritto del medico, anche se abbia optato per il rapporto esclusivo (si veda in proposito l’art.15-quinquies, 2° comma, lettera a del D.L.vo 229/1999), l’opzione prevista dall’art.15-quater è stata definita una opzione al buio, in quanto il medico è costretto entro il termine fissato dalla legge a scegliere senza sapere se e quando la scelta per il rapporto esclusivo gli permetterà in concreto l’esercizio del diritto.

Sotto questo profilo, potrebbero effettivamente porsi profili di legittimità costituzionale. Ma le ordinanze commentate ne escludono radicalmente la fondatezza, facendo entrambe espresso riferimento alla sentenza della Corte Costituzionale n.330 del 20/7/1999 (in GURI, serie speciale, n.30 del 28\7\1999) che si è approfonditamente soffermata sull’evoluzione e le caratteristiche del rapporto di lavoro di medici ospedalieri. In particolare, la sentenza ha posto in evidenza il carattere fortemente innovativo della L. 30/12/1991 n.412, che ha stabilito (art.4, 7° comma) il principio dell’unicità del rapporto di lavoro dei medici ospedalieri con il servizio sanitario nazionale, in quanto finalizzato alla massima efficienza della rete sanitaria pubblica. Pienamente attuativi di questo principio erano da considerare, secondo la Corte, sia la aziendalizzazione del servizio sanitario nazionale sia la privatizzazione del rapporto di lavoro del personale dipendente (L.23/10/1992 n.421), sia nei Decreti legislativi che introducevano il ruolo unico dirigenziale del personale medico (D.L.vo 502/1992 modificato dal D.L.vo 517/1993 e D.L.vo 29/1993).

A questo punto però, fermo restando il diritto all’esercizio della libertà libero professionale da parte del medico, si poneva un evidente problema di impedire che quest’ultimo  svolgesse attività professionale per enti concorrenti o comunque in modo incompatibile o conflittuale con la propria posizione di dirigente di un servizio pubblico aziendalizzato, e quindi calato nel mercato e nella concorrenza. La  produzione normativa seguente ha quindi da un lato disincentivato l’attività professionale all’esterno dell’azienda (c.d. extramuraria), d’altro lato incentivato la possibilità di svolgere tale attività all’interno di essa (c.d. attività intramuraria): scelta questa che, secondo un’altra sentenza della Corte Costituzionale, era da ritenere pienamente legittima, in quanto permetteva alle aziende ospedaliere, dotate di autonomie finanziaria, di incrementare le proprie entrate (Corte Costit., sentenza 335/1993).

Il D.L.vo 229/1999 costituisce l’ultima tappa del processo di privatizzazione della sanità pubblica e prevede che solo il dirigente dell’azienda sanitaria che abbia optato per il rapporto esclusivo possa ricevere incarichi di direzione di struttura semplice o complessa (art.15 – quinquies, 5° comma); nel contempo, il diritto di svolgere anche attività libero professionale potrà esplicarsi in linea di principio esclusivamente in conformità alla programmazione aziendale. “D’altra parte” conclude la Corte “l’operatività delle molteplici disposizioni dirette, sulla base di diversi modelli organizzativi, a garantire – anche attraverso la previsione di specifici obblighi e di correlative responsabilità gravanti sui direttori generali delle aziende sanitarie – ai medici del servizio sanitario nazionale la concreta possibilità di esercitare la libera professione intramuraria non può essere vanificata da difficoltà attuative generalmente riconducibili ad inadempimenti delle aziende sanitarie locali”.

In particolare, l’attività professionale intramuraria deve svolgersi con le modalità e le tipologie individuate dal successivo art.15-quinquies.  Sono modalità e tipologie che presuppongono una complessa attività organizzativa e di pianificazione da parte dell’Azienda ospedaliera: si vedano le ipotesi previste dal 2° comma lettera a), che prevede l’esercizio dell’attività libero professionale “nell’ambito delle strutture aziendali individuate dal direttore generale d’intesa con il collegio di direzione strategica”, dal 2° coma lettera b), che prevede l’esercizio di attività libero professionale in équipes da organizzarsi all’interno delle strutture aziendali e dal 2° comma lettera d) che prevede la possibilità di “partecipare ai proventi di attività professionali richiesta a pagamento da terzi all’azienda”, purché consentano la riduzione dei tempi di attesa degli utenti e secondo programmi predisposti dall’azienda; o sono modalità che prevedono comunque la stipulazione di convenzioni tra strutture sanitarie esterne con l’Azienda: è l’ipotesi del 2° comma, lettera c), che introduce la possibilità di “partecipare i proventi di attività richiesta a pagamento da singoli utenti, e svolta individualmente o in équipe, in strutture di altra azienda del servizio sanitario nazionale o di  altra struttura sanitaria non accreditata, previa convenzione dell’azienda con le predette aziende e strutture”.

In conclusione, il medico dirigente dell’azienda ospedaliera che abbia optato per il rapporto esclusivo (con dichiarazione espressa o mediante silenzio, normativamente equiparato all’opzione) ottiene la possibilità di accedere agli incarichi dirigenziali più prestigiosi dell’azienda (preclusi al medico non optante), a fronte non di una rinuncia al diritto di esercitare l’attività libero professionale, ma dell’accettazione di esercitare tale attività all’interno di regole e di accordi che ne garantiscano la compatibilità con le attività e le strategie aziendali.