Specialità del rapporto di lavoro degli autoferrotranviari: è la fine di un mito?

Introdotto nell’ordinamento giuslavoristico italiano all’inizio degli anni Trenta, non scalfito dai successivi profondi mutamenti costituzionali e istituzionali; intoccato dai profondi mutamenti intervenuti nel diritto del lavoro prima con il vento garantista degli anni Settanta, poi con il vento della liberalizzazione degli anni Novanta del secolo scorso, il principio della specialità del rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri dipendenti da datori di lavoro in regime di concessione non aveva incredibilmente subito contraccolpi neppure a seguito della privatizzazione del rapporto dei “fratelli maggiori”, i dipendenti delle Ferrovie dello Stato, né, poi, a seguito della più generale privatizzazione del rapporti di pubblico impiego, con la connessa scomparsa della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Poi, in modo del tutto inaspettato, questo inossidabile relitto del passato, che ha giustificato il sopravvivere di situazioni di discriminazione assurde e paradossali, sembra prossimo ad estinguersi per effetto della sentenza in esame della Corte di Cassazione.
Il principio di specialità che trova la sua fonte nel RD 148\1931 e in particolare nell’Allegato A (“Coordinamento delle norme sulla disciplina giuridica dei rapporti collettivi di lavoro con quelle sul trattamento giuridico-economico del personale delle ferrovie, tramvie e linee di navigazione interna in regime di concessione”) ha fatto sì che gli autoferrotranvieri siano sempre rimasti a metà strada, né lavoratori privati, né lavoratori pubblici, in quanto destinatari di una normativa, appunto, speciale, giustificata, secondo formule utilizzate in modo sempre più ripetitivo e meccanico da tutti gli organi giurisdizionali che degli autoferrotranviari si sono occupati, dalla “peculiarità delle scelte organizzative nelle aziende di trasporto” e dall’”interesse pubblico al buon funzionamento ed efficienza del servizio pubblico”.
Sono così sopravvissuti nel rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri istituti di sapore settecentesco, quali l’opinamento del direttore dell’azienda sul comportamento del dipendente, e sanzioni disciplinari di tipo paramilitare quali la retrocessione nel grado e nello stipendio, la proroga dell’aumento dello stipendio, e, addirittura, il trasloco punitivo del dipendente, quale pena accessoria alla sanzione disciplinare (art.44 dell’Allegato A al RD 148\1931).
In nome della specialità del rapporto è inoltre sopravvissuto – ed è l’oggetto specifico della sentenza commentata – un curioso sistema di doppia giurisdizione: l’art.58 dell’Allegato A al RD 8\1\1931 n.148 attribuisce infatti al giudice amministrativo – anziché al giudice ordinario – la giurisdizione in materia di impugnazione delle decisioni del Consiglio di disciplina (da intendersi estesa a tutte le controversie disciplinari, anche in assenza di pronuncia del Consiglio di disciplina secondo Cass. Sez.Un. 21\4\1989 n.1906 in …), mantenendo la giurisdizione del giudice ordinario per tutte le altre controversie di lavoro, comprese quelle concernenti i provvedimenti espulsivi, di carattere non disciplinare.
Come si è detto, la privatizzazione del rapporto di impiego dei dipendenti delle Ferrovie dello Stato avvenuta con L. 17\5\1985 n.210 (ben prima della trasformazione dell’ente in società per azioni) non ha posto fine a questa situazione, nonostante che la giustificazione della attribuzione della giurisdizione sui provvedimenti disciplinari al giudice amministrativo fosse ormai priva di ragionevolezza, tenuto conto che l’interesse al buon funzionamento del servizio pubblico di trasporto non aveva impedito di affidare al giudice ordinario le stesse controversie riguardanti i ferrovieri. Con sentenza 27\4\1988 n.500 (in Giur. it. 1989, I,1,769; in Cons. Stato 1988, II,799; in Giur. cost. 1988, I,2239; in Dir. lav. 1988, II,223), la Corte costituzionale si era infatti limitata ad evidenziare la necessità di tenere conto di questa nuova situazione, e ad invitare il legislatore ad adottare sollecite misure per una riforma del rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri. Il legislatore però, con la L.12\6\1988 n. 270 ha solo delegificato le fonti di disciplina del rapporto, attribuendo alla contrattazione collettiva anche la possibilità di derogare alla disciplina posta dall’Allegato A, senza però intervenire sulla giurisdizione, rimasta quindi attribuita al giudice amministrativo (in questo senso Corte Cass. Sez.Un. 9\3\1995 n.2740 e 22\3\1995 n.3319, rispettivamente in … ; e Cons.Stato, sez.VI, 5\5\1995 n.403 in …; sulla L.270\1988 si veda MARIANI, La delegificazione del rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri in Riv.it.dir.lav. 1989,I,202)
Poi, la successiva privatizzazione del rapporto di impiego pubblico sembrava dover porre finalmente fine alla giurisdizione del giudice amministrativo sulle decisioni di carattere disciplinare: essendo anche i rapporti dei lavoratori pubblici, compresi gli aspetti di carattere disciplinare, devoluti alla giurisdizione del giudice ordinario, non vi era più nulla che giustificasse la sottrazione al giudice ordinario delle controversie disciplinari degli autoferrotranvieri (il cui rapporto non era certo “più speciale” o di maggiore interesse pubblico di quello del medico o dell’insegnante, categorie per le quali il legislatore non aveva ritento di riservare la materia disciplinare al giudice amministrativo).
Invece no.
L’art 58 del RD è stato infatti ripetutamente ritenuto, in ogni sede giurisdizionale, da un lato costituzionalmente legittimo, d’altro lato non intaccato dalla riforma.
Così, la Corte Costituzionale, anche dopo l’intervenuta privatizzazione, si è ripetutamente pronunciata per la manifesta infondatezza della questione di illegittimità costituzionale dell’art.58 del RD 148\1931: si vedano la sentenza di non fondatezza 8\3\1996 n. 62 (in Foro it. 1996, I,1121 con nota; in Giust. civ. 1996,1231; in Giur. cost. 1996, 623 e in Mass. giur. lav. 1996, 496); l’ordinanza di manifesta infondatezza 7\5\2002 n. 161 (in Giur. cost. 2002, 136; D.L. Riv. critica dir. lav. 2002, 581 con nota di PAGANUZZI e in Giust. civ. 2003, I,1119) e, infine, la sentenza di manifesta infondatezza 7\11\2002 n.439 (in Giur. Cost., …)..
Nelle suddette sentenze la Corte costituzionale ha ritenuto non irragionevole la scelta del legislatore di non intervenire sulla specifica regolamentazione delle sanzioni disciplinari dei dipendenti delle aziende pubbliche di trasporto in concessione mantenendo la ripartizione della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo (in generale, sulla discrezionalità del legislatore in tema di riparto di giurisdizione si veda anche la sentenza n.275 del 2001 in … sul tema della privatizzazione dell’impiego pubblico e l’ordinanza n. 414 del 2001 in … in tema di soggiorno degli stranieri in Italia); ha inoltre ritenuto non meno vantaggiosa, in linea di principio, la tutela offerta davanti al giudice amministrativo rispetto a quella offerta dal giudice del lavoro. Per ciò che riguarda quest’ultimo punto, vi è, nello stesso senso, una giurisprudenza consolidata, con riferimento però alla giurisdizione esclusiva (si vedano per esempio la sentenza n.140 del 1980, la sentenza n.47 del 1976 e la sentenza n.43 del 1977, rispettivamente in ….); la Corte sembra però aver dimenticato che nel caso dell’art.58 dell’Allegato al RD non siamo in presenza di una giurisdizione esclusiva, ma di una giurisdizione generale di legittimità, quindi riguardante meri interessi legittimi, sicché la tesi dell’equipollenza è, in questo caso, difficilmente sostenibile (sul punto, si veda, a commento delle sentenze n.208 del 1984 e 240 del 1984 della Corte costituzionale concernenti questo aspetto la nota di A.BIANCHI, La Corte costituzionale sancisce che gli aaa non hanno diritti in materia disciplinare, in Lavoro 80, 1984, pag.83 e segg.).
D’altro canto, i giudici amministrativi – conformandosi alla giurisprudenza elle Sezioni Unite della Corte di Cassazione – hanno costantentemente ritenuto vigente l’art.58 del RD, in quanto norma speciale, non abrogata, né esplicitamente né implicitamente, dalla legislazione sulla privatizzazione dell’impiego pubblico, con conseguente mantenimento della devoluzione alla cognizione del giudice amministrativo il contenzioso disciplinare degli autoferrotranvieri, qualsiasi organo abbia espresso il provvedimento punitivo e quale che sia il rapporto di lavoro, con un ente pubblico o con un privato concessionario del servizio di trasporto (si vedano: Consiglio di Stato, sez. VI, 1 dicembre 2003, n. 7857 in …) sia vari Tribunali amministrativi (si vedano T.A.R. Lombardia Milano, sez. I, 1 marzo 2004, n. 799 in …;T.A.R. Sicilia Palermo, sez. I, 2 gennaio 2004, n. 41). Queste decisioni si sono sostanzialmente adeguate all’orientamento ribadito dalla Corte di Cassazione secondo cui “l’entrata in vigore del d.lg. n. 80 del 1998 – con la conseguente devoluzione delle controversie del pubblico impiego al giudice ordinario “salvo tassative eccezioni” – non ha determinato l’abrogazione, nè espressa nè implicita, dell’art. 58 del r.d. n. 148 del 1931, all. A), con la conseguenza che, a tenore di tale norma, restano devolute alla cognizione del giudice amministrativo le controversie relative all’irrogazione di sanzioni disciplinari a carico dei lavoratori autoferrotramvieri” (così Cass. Sez.un. 27\1\2004 n.1413; vedi anche, tra le molte, Cass.Sez.Un. 10\7\2003 n.10900; 2\4\2003 n.5073).
Tuue le sentenze citate non hanno tenuto conto neppure della modifica introdotta dall’art.102 della L.31\3\1998 n.112 che ha soppresso le funzioni amministrative relative alla nomina dei consigli di disciplina, affidando le costituzione degli stessi alle imprese di trasporto (è quindi rimasto inascoltato il parere dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato reso in data 19\4\2000 secondo il quale questa soppressione comportava l’abrogazione implicita dell’art.58 dell’Allegato A del RD 148\1931.
Giungiamo così alla sentenza in esame che meditatamente modifica il proprio orientamento, compiendo un approfondito excursus storico-normativo. La conclusione è che l’art.58 deve ritenersi implicitamente abrogato, non tanto per effetto di una specifica normativa sopravvenuta, ma a seguito di una sua “progressiva devitalizzazione”, avviatasi addirittura con la L.22\9\1960 n.1054 che aveva ricondotto nel contesto privatistico il regime disciplinare dei dipendenti di aziende di trasporto di modeste dimensioni (è bene però ricordare che questa riforma è stata attuata non per sottrarre gli autoferotranvieri ad un regime anacronistico e discriminatorio, ma per agevolare le imprese di trasporto minori, sgravandole dei costi della costituzione e del mantenimento del regime di disciplina…).
L’elemento indicato come decisivo per completare la devitalizzazione della norma è stato costituito – secondo la sentenza – dalla decisione della Corte Costituzionale n.204 del 2004. Questa sentenza, resa in materia di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sui servizi pubblici, ha evidenziato che in base all’art.103, 1° comma della Cost. il legislatore ordinario non possiede una assoluta discrezionalità nell’attribuire materie alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ma può solo individuare particolari materie nelle quali la tutela nei confronti della pubblica amministrazione investe anche posizioni di diritto soggettivo. Tra queste materie non può certo includersi l’estrazione delle controversie disciplinari degli autoferrrotranvieri dalla generale giurisdizione del giudice ordinario in materia di rapporto di lavoro degli stessi.
Sembra proprio che per il principio di specialità della disciplina del rapporto degli autoferrotranviari si stia approssimando la fine.

Specialità del rapporto di lavoro degli autoferrotramvieri: è la fine di un mito?” nota a Cass. Sez.Un. 13-1-2005 n.460 in RIP n.2, 2005, p. 23