N. 35 estate 2008

LA COPERTINA
Ritratto ad olio su tela di Charles Darwin da una fotografia del 1881 (Stefano Nespor, 2007).
Per partecipare alle iniziative del Darwin Day (12 febbraio 2009) organizzate dallo Swarthmore College, si può consultare questo sito.

IN QUESTO NUMERO
Giornali e televisioni di questo paese sono ormai quotidianamente invasi da papi, vivi e morti, da questioni e tormenti sull’esistenza di Dio e da sempre più numerose manifestazioni di un politeismo dilagante: contando le centinaia di nuovi santi (tra cui vari finti o imbroglioni), il nostro Olimpo ha ormai surclassato quello greco. Non deve quindi sorprendere che questo numero tratti, più del solito, di religione, “superstizione infantile e prodotto dell’ umana debolezza” come scriveva Albert Einstein in una delle sue ultime lettere, del gennaio 1954: superstizione il cui finanziamento pubblico costa però ogni anno a tutti noi molto più di una spedizione in Iraq. Non è fuori tema la copertina, dedicata a Charles Darwin, del quale ricorrono il prossimo anno il bicentenario della nascita e 150 anni dalla pubblicazione dell’Origine delle specie.
Ma molto precedente, del 1838, è il primo scritto nel quale Darwin concepisce l’idea dell’evoluzione. Quest’anno è stato completato il sito (http://darwinonline.org.uk/) che permette di consultare tutte le sue opere, il suo immenso archivio privato e gran parte del suo epistolario.
L’introduzione è affidata al tema del quotidiano massacro sui luoghi di lavoro. C’è poi la consueta scelta di poesie: del russo Dmitri Prigov e di due poetesse statunitensi, Maya Angelou e Lousie Glück (insieme a un piccolo brano di Ovidio). Infine, voglio ricordare Vladimiro Scatturin, recentemente scomparso, sempre pronto e disponibile ad offrire il suo impegno nelle controversie in cui era necessario un consulente chimico di prestigio. Docente di chimica inorganica all’Università di Milano, fondatore di Medicina Democratica, fu tra i primi ad avvertire del pericolo del disastro di Seveso, lavorando poi per anni come consulente per i legali dei lavoratori nelle vicende giudiziarie di Marghera.
S.N.

NON SOLO KRUPP

I.

Ribolla, un villaggio minerario in provincia di Grosseto, la Montecatini cominciò con il mandare a casa gli operai ultrasessantenni; poi ci furono premi per chi voleva andarsene. Dei cinque pozzi attivi due sono stati abbandonati, gli altri sono in via di esaurimento. Si pratica lo scavo di rapina: non ci si preoccupa della sicurezza, di colmare la terra e la gallerie esaurite, di controllare la presenza di gas tossici o infiammabili; questo rende più probabili vuoti d’aria, frane e incendi. Negli ultimi tre messi ci sono state dodici frane. Il nuovo direttore ha l’incarico di risparmiare ad ogni costo, fino alla chiusura definitiva, senza però diminuire la produzione. Così, agli operai rimasti è stato imposto di estrarre almeno trenta vagoncini per ciascuna squadra (fatta di due uomini) ad ogni turno: venti sono stati licenziati per non aver raggiunto la soglia fissata. In gennaio, l’operaio Giovanni Brizzigotti è morto schiacciato sotto la gabbia dell’ascensore: gli mancavano tre vagoncini, la fine del turno era vicina, la fretta, la stanchezza, una distrazione, ed è avvenuto l’”incidente”. Nel marzo, 48 operai minacciati di licenziamento si sono chiusi per protesta nei pozzi. La polizia, subito intervenuta, ha bloccato le uscite, per farli arrendere per fame, ma senza successo. Dopo tre giorni, si è deciso l’intervento armato: le operazioni sono state dirette dal vicequestore, dal direttore della miniera e dal commercialista della miniera, ex-sindacalista. La polizia ha invaso i pozzi e catturato gli operai. Il direttore ha preteso che fossero portati fuori ammanettati, per dare l’esempio agli altri. Il giornale della Democrazia Cristiana ha parlato di “brillante operazione della polizia”.
Il 4 maggio 1954, a causa delle mancanza di manutenzione e dell’inosservanza delle norme di sicurezza, c’è un’esplosione di gas: muoiono 43 operai nella sezione “Camorra Sud” del giacimento di lignite. Molti muoiono asfissiati: si sarebbero potu- ti salvare, ma nelle dotazioni di sicurezza mancavano le maschere antigas per permettere l’intervento dei soccorritori.
Tutte le denunce dei sindacati e di alcuni quotidiani che richiedevano interventi urgenti per rimediare alla situazione di estremo pericolo erano rimaste inascoltate. Dopo, tutti hanno parlato di tragica fatalità. Il processo a carico dei dirigenti della Montecatini si conclude con l’assoluzione di tutti gli imputati: la strage dolosa è declassata a “imprevedibile incidente”.

II.

La mattina di martedì 4 dicembre 2007 una stringata nota di agenzia di stampa informava che il gruppo siderurgico tedesco ThyssenKrupp chiudeva l’esercizio fiscale 2006-2007 con utili in crescita del 29 per cento rispetto all’anno precedente. L’utile prima delle tasse: tre miliardi e trecento milioni di euro. “I buoni risultati”, concludeva la nota, “hanno spinto il management della ThyssenKrupp a proporre un incremento dei dividendi del 30 per cento, da un euro a 1,30 euro per azione”. Poche ore dopo queste trionfali righe, la notte tra il 5 e il 6 dicembre, in uno stabilimento della ThyssenKrupp a Torino, sette operai hanno trovato la morte investiti da fuoco e olio bollente, in un rogo che ricorda le atrocità di un barbaro medioevo. Un medioevo dove in nome del profitto si abbandonano le più elementari precauzioni: gli estintori semivuoti, i telefoni dell’allarme che non funzionavano, la bicicletta usata per chiamare i soccorsi. La ThyssenKrupp, allora soltanto Krupp, comprò lo stabilimento torinese dall’Iri nel 1994. In tredici anni non ha trovato il tempo e i soldi per applicare la barriera d’azoto della fabbrica gemella di Essen, in Germania, che avrebbe potu-to evitare la strage.
In due giorni, due volti dell’industria: la crescita dei profitti, la morte degli operai.
*

Michele Di Biase, un ex sindaco di Trinitapoli, il paese del Tavoliere pugliese dove sono nato, ha raccolto una preziosa documentazione sul primo laureato della nostra piccola comunità: Scipione Staffa, economista, efficiente direttore dell’Ufficio di statistica della città di Napoli dal 1865, “propugnatore di un socialismo temperato e razionale” (dal quotidiano “Roma”, 12 giugno 1867) il quale parlava di lavoratori che al suo tempo perdevano la vita “in mezzo a fornaci ardenti”. E’ passato quasi un secolo e mezzo e dello stesso tenore sono le parole che ascolto a Torino, davanti allo stabilimento della ThyssenKrupp, da un altro pugliese, l’operaio Antonio Boccuzzi, sopravvissuto al rogo.

Il primo brano è tratto da Luciano Bianciardi, Si smobilita in silenzio nelle miniere di Ribolla in Avanti 28 luglio 1953 e da Ribolla è morta in Critica sociale 5 marzo 1969. Per una storia della miniera di Ribolla si può vedere anche www.ribollastory.net. Il secondo brano è da “Voglia di cambiare” di Salvatore Giannella, edito nell’aprile 2008 da Chiarelettere (www.chiarelettere.it): un diario di viaggio nell’Europa trasparente ed eccellente che ha saputo risolvere problemi che l’Italia trascina irrisolti, di Governo in Governo, da decenni.

TRE POESIE DI DMITRI PRIGOV

Banale ragionamento sul tema della libertà
Hai appena lavato i piatti Ne
vedi già dei nuovi Ma quale
libertà Qui ci vivo sino alla
vecchiaia. In verità, puoi anche
non lavare; Ma ecco arrivano
varie persone Dicono: ci sono i
piatti sporchi – Ma dov’è qui la
libertà?

***

Ecco friggerò una polpettina
Cuocerò un piccolo brodino E lo
lascerò riposare Aprirò la finestrella
che dà Sul cortile e subito balzerò in
cielo Spiccherò il volo, volerò
Volerò, poi ritornerò Mangerò la
polpettina, se mi andrà.

***

Esco in cucina Ecco
subito gli scarafaggi Mi
avvicino a uno
Salve – dico – amico mio Mi riconosci?
Ti riconosco – mi risponde. Ricordi –
chiedo io – Che ti ho quasi ucciso?
Ricordo, ricordo – dice senza rancore.
Che fortuna vivere con questi qui.

Chi sono

In Giappone potei essere Catullo,
A Roma potrei essere Hokusai, e
in Russia sono la stessa persona
che avrebbe potuto essere Catullo
in Giappone E Hokusai a Roma.

Vita d’idraulico

L’idraulico va in giardino, è inverno. Si
ferma e guarda: è già primavera. Lo
stesso accade con lui: era uno studente,
ora è un idraulico. E poi, avanti così. In
fondo, c’è la morte, e prima la maturità,
e prima ancora, e prima ancora e prima
ancora, ecco: un idraulico.

Dmitri Prigov (Mosca 1940 – Mosca 2007) e il suo amico Lev Rubinstein sono stati tra i più importanti componenti della corrente di arte concettuale affermatasi negli anni Sessanta. Ha sostenuto di aver scritto circa 36.000 poesie, diffuse durante l’epoca sovietica in Samizdat clandestini (e spesso su contenitori per il latte o su lattine per bevande) o in raccolte pubblicate all’estero.
Nel 1986 fu arrestato dal KGB e relegato in un ospedale psichiatrico; fu liberato solo a seguito delle proteste internazionali.
Negli anni Novanta Prigov ha cominciato a essere pubblicato in Russia. Ha composto anche romanzi, tra cui Vivere a Mosca e Solo il mio Giappone, racconti, opere teatrali; e poi disegni, video, performances e composizioni musicali.

NON SOLO GESÙ
I .

Il Monte Amiata è luogo di grande religiosità: vi predicò S.Bernardino da Siena; vi rimase per vari anni Santa Caterina da Siena, vi si rifugiò San Filippo Benizi, per sfuggire all’elezione a pontefice nel 1269. Vi operò, da ultimo, David Lazzaretti di Arcidosso, il “profeta dell’Amiata”. Lazzaretti nasce nel 1834, e per oltre trent’anni rimane con il padre ad aiutare la famiglia facendo il barrocciaio. Nel 1868 vede la Madonna e San Pietro che gli comunicano la missione affidatagli da Dio: allora inizia ritiri, digiuni ed altre pratiche ascetiche (rimane per alcuni mesi da solo sull’isola di Montecristo), poi si impegna attivamente nella costruzione di un santuario in Arcidosso e di un eremo sul monte Labro. Ha enorme successo tra la popolazione locale che lo chiama Santo David. Ai suoi fedeli, chiede di lavorare tutti insieme e di mettere in comune i beni, così come voleva la Chiesa prima della sua degenerazione. Stabilisce regole che prevedono la distribuzione dei prodotti della terra secondo l’apporto lavorativo e secondo il grado di bisogno, l’estensione del diritto di voto alle donne, l’organizzazione di scuole gratuite e obbligatorie. Ottanta famiglie aderiscono al suo progetto. Il Regno d’Italia appena unificato considera sovversive le sue regole: è arrestato prima nel 1871, poi nel 1873 per vagabondaggio, truffa e cospirazione. In entrambi i casi è condannato in primo grado e assolto in appello. Nel 1877 Lazzaretti riceve, questa volta direttamente da Dio, l’ordine di proclamarsi “re dei re” e di annunciare una nuova era. La Chiesa lo convoca a Roma, lo sottopone a un processo – probabilmente l’ultimo processo dell’Inquisizione in Italia e lo condanna come eretico. Nel 1878 i suoi seguaci, divenuti nel frattempo alcune migliaia, lo proclamano “Cristo Duce e Giudice”: sono convinti che la Chiesa cattolica abbia esaurito la sua missione e debba essere sostituita dalla Chiesa “giurisdavidica” che sarà inaugurata da una grande processione in cui Lazzaretti, come monarca e giudice del mondo, scenderà dal Monte Labbro. Il 18 agosto 1878 la processione, composta da migliaia di fedeli, è attesa dalla polizia e dai carabinieri che sparano sulla folla: David Lazzaretti è ucciso con tre suoi seguaci, considerati i primi martiri della chiesa giurisdavidica. Furono processati non gli autori degli omicidi, ma i più diretti collaboratori di Lazzaretti con l’accusa di “aver commesso atti diretti a rovesciare il governo e a mutarne la forma, nonché a muovere la guerra civile ed a portare la devastazione e il saccheggio in un Comune dello Stato”. Furono assolti nel novembre 1879 (allora i processi rano rapidi) dai giudici della Corte d’Assise di Siena. Tutti i fedeli però subirono persecuzioni e angherie e il culto fu, di fatto, vietato. Nonostante la repressione, la religione giurisdavidica è però sopravvissuta sotto la guida di Sommi Sacerdoti: l’ultimo è stato Turpino Chiappini morto nel 2002; gli è succeduto il figlio Mauro, che non ha però ancora formalmente assunto il titolo di sacerdote. I fedeli sono attualmente poche diecine e si riuniscono periodicamente per le loro funzioni nei casolari e nelle abitazioni intorno ad Arcidosso. Ma naturalmente, la verità di una religione non dipende dal numero dei fedeli.

II.

È esistito davvero John Frum? Mancano fotografie, documenti, ed anche testimonianze dirette che lo confermino in modo inequivocabile. Tuttavia, della sua esistenza non si può dubitare: vi erano, fino a qualche decennio orsono, alcuni ormai anziani abitanti dell’isola di Tanna, nelle nuove Ebridi (denominata Vanuatu dal 1980) che lo ricordavano distintamente, erano rimasti con lui per vari periodi di tempo, lo avevano ascoltato ed avevano raccolto, in appunti manoscritti, ciò che diceva. Nessuno però ricordava bene com’era: alcuni dicevano che era piccolo, altri che era più alto della media; per alcuni aveva i capelli biondi e lunghi, per altri (la maggior parte) i capelli erano bianchi o argentati. Gli anziani che lo ricordavano però erano d’accordo sul fatto che John Frum era arrivato a Tanna alla metà degli anni Trenta del secolo scorso, si era fermato per alcuni anni vivendo da solo in una capanna alla periferia di un villaggio; girava spesso per l’isola facendo profezie, parlando di un regno futuro ove tutti sarebbero vissuti ricchi e felici, ed era circondato dall’affetto e dalla devozione di molti abitanti dell’isola che, appena possibile, gli stavano vicino. Lo chiamavano il Maestro. Erano sicuri che fosse stato mandato da Dio. John Frum scomparve all’improvviso nell’estate del 1941. Aveva sempre avvertito che un giorno sarebbe tornato dai suoi antenati, promettendo però che poi avrebbe fatto ritorno a Tanna e avrebbe condotto tutti nel regno della ricchezza e della felicità. Tuttavia, vi fu chi sospettò che fosse stato ucciso da alcuni missionari cristiani presenti sull’isola, che lo consideravano un inviato del demonio. Col passare del tempo, i suoi fedeli aumentarono gradualmente di numero. Si diffuse la convinzione che Frum sarebbe tornato in aeroplano. Così, fu disboscata un’area nel centro dell’isola per preparare una pista d’atterraggio, che tuttora esiste e funge da punto di raccolta per i fedeli. Nel 1950 un famoso giornalista australiano, David Attenborough, andò a Tanna. Lì intervistò il capo del culto, un uomo chiamato Namba, venerato da tutti i fedeli di John Frum come un santo. Namba asserì di essere in continuo contatto con il Maestro, che chiamava familiarmente John, per mezzo di una donna che, legata con un filo elettrico, cadeva in trance e profferiva parole che solo Namba poteva capire. A un certo punto, verso l’inizio degli anni Sessanta, si diffuse la convinzione che Frum avrebbe fatto ritorno il 15 febbraio, anche se non si sapeva l’anno. Da allora, ogni 15 febbraio migliaia di fedeli si ritrovano, vicino alla pista d’atterraggio, per attendere il suo arrivo. Un turista che visitò Tanna nel 1971 chiese a uno dei fedeli di Frum, chiamato Sam: Sam, sono ormai trent’anni da quando John Frum se ne è andato, promettendo che sarebbe ritornato con regali per tutti. Non ti sembra che lo state aspettando ormai da troppo tempo? Sam rispose: C’è gente che aspetta da centinaia e centinaia di anni che Gesù faccia ritorno. Perché io non posso aspettare diciannove anni che torni John Frum? Oggi, la maggior parte degli abitanti dell’isola di Vanuatu venera John Frum e il partito costituito dai suoi fedeli, il Song Keaspai è al governo, guidato dal quarto successore di Namba, Isaac Wan.
S.N.

PERSEFONE

Il rapimento di Persefone.

Non lontano dalle alte mura di Enna c’è un lago Chiamato Pergo, dove cantano numerosi i cigni.
Una foresta circonda le acque del lago da ogni parte Le sue fronde fanno riparo ai raggi di Apollo.
È fresco sotto i rami, e dalla terra umida escono fiori purpurei. Eterna è lì la primavera. Mentre Proserpina girava nel bosco E con le compagne coglieva gigli e viole, e riempiva cestelli e il grembo della veste, all’improvviso fu scorta da Plutone e subito desiderata e rapita. Così può esser veloce l’Amore. Terrorizzata, Proserpina, saldamente tenuta da Plutone sul dorso del suo cavallo nero chiama la madre e le compagne. E vede, intanto, che dalla veste lacerata cadono tutti i fiori raccolti. Anche per questo piange la ragazzina rapita.

Persefone e l’innocenza

Un giorno d’estate, girando per i campi, Persefone si ferma allo stagno dove spesso
Si specchia, e studia
I cambiamenti del suo volto.
Sono ancora una ragazzina, pensa.
Il sole sembra, riflesso sull’acqua, assai vicino.
È di nuovo Apollo, mio zio, che mi spia, lei pensa.
Ma tutto nella natura è, in qualche modo, suo parente.
Qui, sulla terra, non sono mai sola, pensa.
Poi questo pensiero si trasforma in una preghiera.
Subito Ade, il dio della morte, la prende.
Nessuno più si ricorda quanto era bella.
Solo lei si ricorda. Ricorda anche che il dio della morte la ha abbracciata
Proprio vicino allo stagno, mentre suo zio guardava,
Poi, Ade la porta via.
Ricorda, anche se con minor chiarezza, la sensazione che da quel momento non può più vivere senza di lui.
La ragazzina che è scomparsa vicino allo stagno non tornerà più.
Tornerà periodicamente una donna, cercando la giovane che era stata un tempo.
Si ferma vicino allo stagno e si lamenta, ogni tanto, sono stata rapita.
Ma le sembra strano, non è ciò che ha provato.
Allora dice:
Non sono stata rapita.
E poi dice:
Mi sono offerta, volevo sfuggire al mio corpo.
Dovevo essere, pensa, una ragazza semplice.
Ma non riesce a ricordarsi esattamente come era.
Forse lo stagno dove un tempo si specchiava si ricorda ancora di lei e può spiegarle il senso di quella sua preghiera.
Potrà così capire se è stata esaudita o no.

Persefone vagante

In una prima versione, Persefone
È sottratta a sua madre
E la divinità della terra Punisce così gli umani.
Il soggiorno di Persefone negli Inferi
Continua a far discutere gli esperti:
era d’accordo con il rapitore,
o è stata trascinata via contro la sua volontà
magari drogata, come accade così spesso alle
ragazze anche oggi?
Come si sa, il ritorno a casa della ragazza non
cancella ciò che è successo: Persefone ritorna
con una indelebile macchia sul corpo, come un
personaggio di Hawthorne. Ma torna davvero a
casa Persefone? È la terra la sua casa,
o è ormai sottoterra, insieme alla
divinità? Dov’è davvero la sua casa?

Oggi nevica. Il vento freddo invernale Ci dice che
Persefone è con la sua divinità infernale. A
differenza di noi, lei non sa come è fatto l’inverno.
Sa solo che è proprio lei che lo provoca, mentre
sta abbracciata con Ade, mentre sua madre,
Cerere, continua a governare la terra. Questa
unione terribile con il dio della morte, alla quale
lei è stata destinata fin da quando era ragazzina
durerà ormai per sempre.

Riflessioni sulla poesia contemporanea

Condivido con i poeti della mia generazione gli obiettivi e le aspirazioni; ma non sono d’accordo su alcuni punti. Non credo che la ricchezza di informazioni offra una poesia più ricca. Sono attratta dalle ellissi, da ciò che non viene detto, dalle allusioni, dai silenzi che parlano. Ciò che non si dice è più potente di ciò che si dice: vorrei poter costruire un intero poema basato su allusioni. Vale lo stesso per ciò che non si vede: il potere evocativo delle rovine o delle opere d’arte danneggiate o incompiute. Queste opere inevitabilmente alludono a più larghi contesti.
Creano tensione perché non c’è tutto, anche se tutto si può intravedere. L’obiettivo della creazione artistica è cogliere il potere dell’incompiuto. Tutte le esperienze sono parziali: non solo perché sono soggettive, ma anche perché ciò che non conosciamo è molto più vasto di quello che conosciamo. Ciò che è incompiuto o è stato distrutto partecipa di questo mistero.
Il primo brano è di OVIDIO, Le Metamorfosi, V libro, vv.385-482. I due brani che seguono sono tratti da composizioni inserite in Averno, la più recente opera di Louise Glück (nata a New York nel 1943), pubblicata nel 2006 e dedicata al mito di Persefone, Demetra e Ade (Proserpina, Cerere e Plutone per i Romani).
Alla riflessione in chiave moderna degli antichi miti greco-romani Louise Glück ha dedicato altre opere poetiche: Meadowlands (1966) che tratta del mito di Odisseo e Penelope e Triumph of Achilles (1985) che ha ricevuto il National Book Critics Circle Award. Nel 1999 con Vita Nova Louise Glück ha vinto il Boston Book Review’s Bingham Poetry Prize and The New Yorker’s Book Award in Poetry. L’ultimo brano è tratto dal saggio Disruption, Hesitation, Silence, pubblicato in una raccolta di riflessioni sulla poesia moderna: Proofs & Theories: Essays on Poetry (1994).

LA BIBBIA RACCONTATA AI RAGAZZI

Tra le varie leggi morali che il dio della Bibbia impone di seguire vi è il comando di uccidere tutti coloro che praticano la magia e di sterminare coloro che offrono un sacrificio agli dei e non al vero Dio (Esodo, 22,19). Il dio della Bibbia commette violenze, ordina torture e stupri ed elimina con le più varie ed efferate modalità tutti coloro che non seguono il suo insegnamento: “Sterminerò ogni mattina tutti gli empi del paese per estirpare dalla città del signore quanti operano il male” (salmi, 101, 8). Coloro che non seguono i suoi insegnamenti debbono perire tutti insieme, il giovane e la vergine, il lattante e il vecchio (Deuteronomio, 32, 22-25). C’è da stupirsi se, in attuazione di queste indicazioni, i rappresentanti di questo Dio abbiano ordinato di trucidare milioni e milioni di persone e se i fedeli di questo dio abbiano meticolosamente eseguito? Eppure, questo libro, del quale dovrebbe essere sconsigliata la lettura, è considerato un libro sacro: per molti, anzi, è un libro che proviene direttamente da Dio. Un noto quotidiano sta diffondendo volumi ove la Bibbia è raccontata ai ragazzi. Sono omesse però le leggi da seguire e sono pudicamente censurati molti episodi sacri. Eccone, tra i molti, due. Il primo assai noto, incomprensibilmente raccontato come una vicenda esemplare di obbedienza a Dio, è invece uno dei primi resoconti scritti di una manifestazione di follia da parte di un sadico criminale che oggi sarebbe certamente trattato e punito come tale. È anche la più antica dimostrazione che è dentro le mura domestiche che si compiono i delitti più crudeli e disumani. Il secondo, di pari truculenza, contiene l’importante insegnamento che di patti e gli accordi non si rispettano, e il tradimento non è immorale. Insegnamento che è stato seguito con scrupolo dalle varie religioni che assumono la Bibbia come libro sacro.

I – (Genesi 21,25)
Dio mise alla prova Abramo e gli disse: “Prendi tuo figlio, il tuo unico figlio che ami, Isacco, e offrilo in olocausto su un monte che io ti indicherò”. Abramo si alzò di buon mattino, sellò l’asino, prese con se due servi e il piccolo Isacco, tagliò la legna necessaria per l’olocausto e si mise in viaggio. Quando giunse al luogo che Dio gli aveva indicato, disse ai suoi servi: “Fermatevi qui con l’asino, io e il ragazzo andremo su quel monte”. Prese la legna, la caricò sul figlio Isacco, prese il coltello e si mise in marcia. Isacco chiese al padre: “Qui abbiamo il fuoco e la legna, ma dov’è l’agnello da sacrificare?” Abramo rispose: “Sarà Dio a fornirci l’agnello per il sacrificio”. Proseguirono così insieme, arrivarono al luogo indicato da Dio. Qui Abramo costruì con l’aiuto di Isacco l’altare, collocò la legna, legò il figlio e lo depose sull’altare, sopra la legna. Poi prese il coltello per immolare il figlio. A questo punto l’angelo lo chiamò dal cielo e gli disse: “Non uccidere il ragazzo. Ora so che tu temi Dio e non gli rifiuti neppure il tuo unico figlio”.

II – (Genesi, 33,13).
Quando Dina, la figlia di Giacobbe e di Lia, andò a fare una passeggiata, Sichem, figlio di Camor, la vide, e la rapì con violenza. Poi disse al padre: “Prendimi in moglie questa ragazza”. Allora il padre si recò da Giacobbe e dai suoi figli e disse: “Mio figlio vuole Dina. Dategliela in moglie. Vi darò quel che mi chiederete”. Raggiunsero un accordo. Ma, dopo pochi giorni, i figli di Giacobbe, Simeone e Levi, presero una spada, entrarono nella città di Camor, e passarono a fil di spada Camor e suo figlio Sichem, uccisero tutti i maschi, e portarono via Dina. Poi tornarono e saccheggiarono la città per vendicare l’onore di Dina. Presero così le greggi, gli asini e tutto quanto era nella città. Portarono via i bambini e le donne. ?
S.N.

TRE POESIE DI MAYA ANGELOU

Ancora mi alzo

Puoi cancellarmi dai tuoi libri di storia
Con le tue amare e contorte bugie Puoi
calpestarmi nel fango Ma io, ancora,
come polvere, mi rialzo.

La mia sfrontatezza ti disturba? Ti dà fastidio
l’oscurità? Perché io cammino come se avessi
pozzi di petrolio Che pompano nel mio salotto.
Proprio come lune e come soli Con la certezza
delle maree Proprio come speranze che saltano
in alto
Io mi alzo.

Volevi vedermi distrutta? Con il capo
chino e gli occhi abbassati, Con le
spalle cadenti come lacrime, Abbattuta
dal mio pianto accorato?

Consideri la mia arroganza offensiva? La
prendi davvero male Perché io rido come se
avessi miniere d’oro Da scavare nel mio
cortile. Puoi colpirmi con le tue parole Puoi
ferirmi con le tue occhiate,
Puoi uccidermi con il tuo odio, Ma poi,
ancora, come l’aria, io mi rialzo. Il mio
fascino ti disturba? Ti sorprende Che io
danzi come se avessi diamanti Lì dove si
uniscono le mie cosce?

Fuori dalla vergogna della storia
Mi alzo
Dal passato immerso nella pena
Mi alzo.

Io sono un ampio tumultuoso oceano nero, Mi
muovo nella marea con l’onda e con il sudore.
Lasciando dietro di me notti di terrore e paura Mi alzo
In un’alba che è stupendamente chiara Io
sono il sogno e la speranza dello schiavo.
Mi alzo.

Presunzione

Dammi la tua mano.
Fammi posto Per guidarti e
seguirti Oltre la rabbia
della poesia.

Lascia che altri possano
Da soli scambiarsi Dolci
parole E amare la perdita dell’amore.
A me, basta la tua
mano.

Lavoro femminile

Ho bambini da accudire
Vestiti da rammendare
Il pavimento da pulire
Il cibo da comprare Poi
devo friggere il pollo.
Cambiare i pannolini al bambino.

Ho gente da nutrire
Ho l’orto da coltivare
Ho le camice da stirare
I ragazzi da vestire
Devo pulire questa baracca
E poi assistere gli ammalati.
Splendi su di me, sole,
Bagnami, pioggia,
Appoggiati con dolcezza, rugiada,
e rinfresca la mia pelle.

Tempesta, portami via da qui
Con il tuo vento impetuoso
Fammi volare nel cielo

Finché posso trovare riposo.
Cadete con tenerezza, fiocchi di neve,
copritemi con bianchi
gelidi baci e fatemi riposare questa notte.
voi siete tutto ciò che è mio.
Maya Angelou (il cui vero nome è Marguerite Ann Johnson), poetessa, scrittrice, attrice, musicista, docente universitaria, e combattente per i diritti civili, è una delle più importanti figure della cultura afroamericana contemporanea.
È nata nel 1928 nel Missouri, la sua famiglia discende dalla etnia Mende della Sierra Leone. Ha lavorato a lungo con Malcom X, conosciuto in Ghana dove Maya lavorava dal 1961 alla scuola di musica e drammaturgia di Accra; tornata negli Stati Uniti, lo ha aiutato a costituire la Organization of African American Unity. Ha collaborato anche con Martin Luther King. Ha scritto sei autobiografie (la più importante del 1969 I Know Why the Caged Bird Sings). Del 1971 è il volume di poesie Just Give Me a Cool Drink of Water ‘Fore I Die. Ha scritto varie opere teatrali e una commedia musicale, Georgia, Georgia, rappresentata con successo a Broadway.
In questo periodo ha conosciuto Oprah Winfrey, aiutandola nella sua carriera. Ha prodotto una serie di episodi per la TV sulle tradizioni e la cultura africana negli Stati Uniti.
Nel 1981 è divenuta docente di American Studies alla Wake Forest University in North Carolina. Ha letto il suo poema “On the Pulse of Morning” alla cerimonia inaugurale della presidenza di Bill Clinton nel 1993 (l’ultimo poeta a ricevere questo onore era stato Robert Frost, invitato da John F. Kennedy nel 1961).
Le poesie sono tratte da The Complete Collected Poems of Maya Angelou, Random House, 1994.

MIRACOLI
Nascita di Gargantua

Soprassaltò il bambino nel ventre della madre, e si infilò nella vena cava. Poi, risalendo per il diaframma fino al disopra delle spalle, prese dove la vena si biforca, e uscì dall’orecchia sinistra. Appena uscito, Gargantua gridò subito “Da bere, da bere”, e fu sentito da tutto il paese. Qualcuno di voi non crederà a questa strana natività. Farebbe male: un uomo dabbene crede sempre a ciò che gli viene detto. Non dice forse Salomone (Proverbi XIV) “Innocens credit omni verbo”. Perché mai voi non dovreste credere a questa storia? Perché, voi risponderete, non c’è nessuna parvenza di vero. Ma io dico appunto che proprio per questo voi dovete crederci. Poi, nella Bibbia non c’è niente che sia contro una cosa simile. Del resto, se Dio avesse voluto far nascere Gargantua in questo modo, direste forse che non avrebbe potuto farlo? Nulla è impossibile a Dio, e se lui così volesse, d’ora innanzi tutte le donne di Francia farebbero bambini dalle orecchie. Del resto, Bacco non fu generato da una coscia di Giove? E Minerva non nacque dal suo cervello? E Gesù non nacque da una donna vergine? E Castore e Polluce non nacquero dal guscio di un uovo, fatto e covato da Leda?

La pallina

C’è stato un periodo in cui avevo creduto in Dio. La volta in cui ci avevo creduto di più era quando avevo perso la mia pallina di gomma. Giocavo in casa, la lanciavo contro il muro e la prendevo saltando sul divano. Un giorno un rimbalzo era andato storto e quando mi ero rialzato dal divano la pallina era scomparsa. L’avevo cercata ovunque tutto il pomeriggio. Sotto i mobili, fra i cuscini sulle mensole. Nulla, svanita. La mia unica pallina. Allora mi ero inginocchiato davanti all’immagine della Madonna che splendeva dietro il plexiglas, avevo unito le mani e chiuso gli occhi. Avevo detto, tra me e me: Se mi fai ritrovare la pallina giuro che rifiuterò ogni invito dei miei amici ad andare a tirare i sassi contro la campana della Chiesa Nera, la più grande della Romania e non parlerò neppure mai più di quelle cose che sai, con i miei amici. Lo giuro”. Poi avevo fatto quattro volte il segno della croce perché venisse meglio. Poi mi ero sdraiato a terra poggiando la guancia contro le piastrelle avevo chiuso l’occhio opposto. La sagoma della pallina mi era apparsa immediatamente dietro la gamba interna della credenza.
Avevo pensato: Dio esiste. Però, quando avevo pregato la Madonna dietro il plexiglas ancor più intensamente perché non faces-se morire mia madre, e lei invece, poco prima dell’alba aveva soffiato dal naso come se avesse il raffreddore e non si era più mossa, avevo capito che Dio era un imbroglione, che esisteva solo quando gli andava.

Benefici delle preghiere

Il cugino di Darwin, Francis Galton, è stato il primo a studiare in modo scientifico gli effetti benefici delle preghiere. Esaminò, per esempio, lo stato di salute della famiglia reale inglese, oggetto di preghiere pubbliche settimanali da parte dei sudditi britannici, e non constatò che vi fosse una rilevante differenza nella salute dei reali rispetto al resto della popolazione, di cui nessuna preghiera si occupava. Più recentemente, è stato condotto un esperimento finanziato dalla Templeton Foundation. L’esperimento è costato oltre due milioni di dollari e si è svolto al Medical Institute di Boston, sotto la guida del cardiologo Herbert Benson. Sono stati prescelti casualmente 1800 pazienti ricoverati in sei diversi ospedali, tutti ricoverati per un bypass alle coronarie, e sono stati suddivisi in tre gruppi. Nessuno dei pazienti sapeva a quale gruppo era assegnato. Tuttavia i pazienti del primo gruppo erano al corrente di ricevere preghiere per la loro salute. I pazienti del secondo gruppo non ricevevano preghiere e non lo sapevano. I pazienti assegnati al terzo gruppo, infine, ricevevano preghiere senza saperlo. Né gli infermieri, né i medici dei vari pazienti erano al corrente di quali fossero i destinatari delle preghiere, i cui nomi erano invece noti ai tre gruppi di persone che, quotidianamente, e per un mese, da chiese collocate in città diverse, pregavano per la loro salute. I risultati sono stati esposti nel American Heart Journal dell’aprile 2006. Sorprendentemente, non è emersa alcuna differenza sullo stato di salute dei pazienti che avevano ricevuto preghiere e sullo stato di coloro che non le avevano ricevute. Invece, c’era una significa differenza tra quelli che erano al corrente di ricevere preghiere e quelli che non lo sapevano. I primi risultavano in condizioni di salute più precarie. Secondo alcuni autori della ricerca, la causa è da ricercarsi nello stress da performance subito dai pazienti che sapevano di essere destinatari di preghiera; secondo altri, nella preoccupazione derivante dal fatto di essere stati prescelti. Secondo il teologo Richard Swinburne, Dio non ha accolto le preghiere perché altrimenti avrebbe offerto una non necessaria prova della sua esistenza.

Qualche dato su Lourdes

Il più famoso santuario mariano del mondo, Lourdes, ha 150 anni (la prima apparizione della Madonna a Bernadette è del 1858). Con l’aiuto del Bureau Medical di Lourdes e del Comité Medical di Parigi sono state elaborate delle stime sul numero dei visitatori di Lourdes e sul numero dei miracolati riconosciuti ufficialmente dalla Chiesa. Ecco alcuni dati. Stima dei pellegrini in 144 anni (1858 – 2002): 300.000.000. Stima minima dei malati di varia gravità: 20.000.000. Casi dichiarati ufficialmente miracolosi: 67 (l’ultimo riguarda un italiana ed è del novembre 2005). Percentuale dei malati miracolati sul totale dei malati: 0,00033% (3,3 casi su un milione). Numero di casi miracolosi rispetto al numero complessivo di malati: 1 miracolo ogni 300.000 malati. Percentuale di donne miracolate sul totale dei casi miracolosi (66 casi): 54, cioè 81,8%. La Madonna, come forse è ovvio, ha una netta preferenza per il genere femminile. Se si esamina quanti miracoli si sono avuti in un periodo piuttosto che in un altro, si scopre che i miracoli sono in netto, inarrestabile calo. Sotto la presidenza del prof. Boissarie (1892 1917) sono stati analizzati 1536 casi, dei quali 33 furono considerati miracolosi, cioè il 50% del numero complessivo dei miracoli accertati. Sotto la presidenza del prof. Mangiapan (1977 1995) sono stati analizzati, più o meno nello stesso arco di tempo, soltanto 3 possibili miracoli, e tutti sono stati considerati miracolosi. Nessuno prende in considerazione l’eventualità che il calo dei miracoli dipenda da una scelta della Madonna. Secondo alcuni, il calo dei miracoli dipende da chi dirige il Bureau Medical di Lourdes: le Commissioni incaricate di valutare sono divenute via via più esigenti con il passare del tempo. Altri attribuiscono la causa ai progressi della medicina: ciò che una volta era miracolo, oggi viene curato. La Madonna non ha più bisogno di fare miracoli: il suo era un intervento sussidiario e temporaneo, in attesa che il progresso medico fosse autosufficiente. Altri ancora se la prendono con i criteri troppo rigidi fissati dalle Autorità ecclesiastiche: le verifiche richiedono spesso anni e anni e, nel frattempo, non si può parlare di miracolo. Chi ne fa le spese è la città di Lourdes e tutto il settore di attività collegato alla produzione di miracoli (che, con l’indotto, assomma alcune centinaia di migliaia di persone e un giro di incassi notevolissimo).
Ed allora, le autorità municipali stanno prendendo in considerazione la possibilità di cambiare le regole, affinché un numero di guarigioni più ampio sia collegato a un eventuale intervento divino. Più miracoli, tutto sommato, significa più partecipazione di Dio alle cose terrene. Conviene a tutti. In questo senso si è pronunciato anche il vescovo di Lourdes, che ha proposto di poter annunciare una guarigione inspiegabile appena si verifica. Le guarigioni potrebbero così essere classificate come “inaspettate” o “eccezionali”, una sorta di categoria inferiore al miracolo, ma comunque produttiva per la città.

Il primo brano descrive la nascita di Gargantua ed è tratto da Francois Rabelais, Gargantua e Pantagruel, cap.VI. Il secondo è tratto da Fabio Geda, Per il resto del viaggio ho sparato agli indiani, Instar Libri 2007. Per il quarto brano ho utilizzato alcuni dati contenuti nel libro di Maurizio Magnani Spiegare i miracoli (Dedalo, 2005). Magnani confronta i miracoli di Lourdes con le guarigioni inspiegabili che avvengono in un ospedale qualunque.
La percentuale dei miracoli ospedalieri (le guarigioni incomprensibili) è 100 volte superiore a quella di Lourdes.

CREDITI
Questo trentaquattresimo volume dei Testi Infedeli è stato stampato nel giugno 2008 in duecentocinquanta copie non numerate e fuori commercio da Compostudio s.r.l. di Cernusco sul Naviglio, Milano. Come sempre, ho liberamente e infedelmente tradotti e talvolta riscritti quasi tutti i testi; spesso è stato rispettato – non sempre integralmente – il pensiero dell’autore. Il volume non sarà più inviato a chi non ne accusa ricevuta per due volte consecutive. I Testi Infedeli escono dal 1989. I fascicoli apparsi a partire dal 1992 possono essere letti nel sito www.stefano.nespor.it, curato e aggiornato da Stefano Rossi. Ringrazio Maria Inglisa per le verifiche cui ha sottoposto il testo; Salvatore Giannella, Marina Nespor e Pasquale Pasquino, per la ormai tradizionale revisione.