Internet e la Legge – Capitolo 15

Capitolo 15
Il mercato del divertimento

Cinema, televisione e Video, Giochi, Musica, libri, Cultura: generi e categorie assai diversi gli uni dagli altri. Contribuiscono però a formare ciò che i paesi di lingua inglese raccolgono insieme nel concetto di entertainment business: il mercato del divertimento.
Si tratta di un mercato che è in realtà costituito da tanti sub-mercati autonomi e solo marginalmente connessi, con caratteristiche, utenti, imprenditori, problemi tecnologici, giuridici e organizzativi spesso assai diversi, uniti però da alcuni elementi comuni.
Da un punto di vista sociologico, si tratta di un mercato che si rivolge al tempo libero dei consumatori: un’area che, negli ultimi decenni, per effetto dell’aumento del benessere nel mondo occidentale e del progressivo ridursi del tempo dedicato all’attività lavorativa e a soddisfare bisogni primari, è in continua espansione.
Da un punto di vista economico giuridico, si tratta di un mercato sul quale si scambia un particolare tipo di bene: le informazioni. Tutto ciò che circola nel mercato del divertimento, sia pure sotto forme diverse, è costituito, alla base, dal bene informazione: un bene, che per molti versi costituisce un diritto (ed è talvolta considerato come un diritto fondamentale nell’attuale organizzazione sociale), nella prospettiva del mercato, diviene una merce.
Da un punto di vista organizzativo-giuridico, è un mercato caratterizzato dalla presenza di un terzo polo, oltre a produttori e consumatori: gli autori dei contenuti, titolari di diritti riconosciuti sulle opere dell’ingegno prodotte. In altri termini, e proprio per la presenza di questo polo di autori, il mercato del divertimento è caratterizzato dalla presenza della proprietà immateriale, che scaturisce dall’ingegno degli autori.
Fin dai primi anni in cui ha abbandonato la sua dimensione esclusivamente accademica e culturale, la Rete è stata considerata come uno spazio assai promettente per lo sviluppo di un mercato virtuale del divertimento. In realtà uno solo è stato il settore che ha avuto successo nel Cyberspazio, assumendo caratteristiche e fisionomie proprie, diverse da quelle che gli stessi settori hanno nel mondo reale: la pornografia.
Fino a pochi anni orsono, però, nel settore del divertimento vi sono stati scarsissimi contatti tra realtà virtuale e produttori tradizionali, se si escludono alcuni timidi tentativi verificatisi negli Stati Uniti all’inizio degli anni Novanta, soprattutto da parte di produttori di video e cinema di Hollywood, di offrire prodotti digitali in collaborazione con operatori del Cyberspazio (erano le c.d. Siliwood, combinazione di Hollywood con Silicon Valley) direttamente nelle case degli utenti. Tentativi tutti abbandonati, perché risultati (o comunque ritenuti) in breve tempo privi di concreti sbocchi commerciali.
Le strade dell’entertainment business tradizionale e di quello virtuale sono così rimaste divise.
Poi, a partire dal 1997, questa volta non solo negli USA ma anche in Europa, i due mercati sono entrati nuovamente in contatto, anzi, in alcuni casi, come nel settore della musica, si può parlare di una vera e propria collisione. Molte imprese tradizionali hanno avviato programmi di investimento per espandere la loro attività su Internet, puntando su un rapido e consistente sviluppo del settore e, viceversa, molte imprese della new economy hanno compreso che, per trarre profitti dalle loro iniziative, avevano bisogno di controparti affermate su mercati tradizionali.
Il contatto si è manifestato per ragioni differenti e con caratteristiche diverse nei settori dai quali questo mercato è composto.
Così, nel settore infrastrutturale delle telecomunicazioni e informazioni si è sviluppata una ondata di fusioni tra imprese della new economy e dell’economia tradizionale, rivolte a sfruttare le sinergie derivanti dai due tipi di imprenditorialità.
Il caso più clamoroso è costituito dalla fusione tra AOL e Time Warner.
L’accordo tra le due società, perfezionatosi nel dicembre del 2000 a oltre un anno di distanza dal suo annuncio a causa delle indagini cui è stato sottoposto dagli organismi “antitrust” federali americani , si propone di realizzare un ponte verso il 21 secolo tra la new economy, personificata da AOL (una delle più importanti imprese del settore con oltre 25 milioni di abbonati) e la tradizionale entertainment business, rappresentata da Time Warner .
In altri settori un ruolo assai importante hanno rivestito le innovazioni tecnologiche, ma soprattutto l’atteggiamento degli autori e degli imprenditori rispetto a tali innovazioni.
Così, nel settore editoriale sono stati principalmente gli imprenditori tradizionali ad interessarsi delle possibilità offerte dal mercato virtuale, e ad avviare ardite iniziative per sviluppare – anche dal punto di vista tecnologico – prodotti idonei per questo mercato (si veda il capitolo dedicato ai Libri digitali).
Lo stesso può dirsi nel settore del commercio di beni artistici e delle aste, ove una delle più affermate case d’asta a livello mondiale, Sotheby, certamente trascinata dall’imponente successo ottenuto dai siti di aste virtuali (sui quali ci soffermiamo in un apposito capitolo) ha dapprima raggiunto un accordo con Amazon per lanciare nel novembre del 1999 un sito – Sothebys.amazon.com – che compare sul portale di Amazon, offrendo all’asta beni da collezione per il largo pubblico; successivamente ha avviato un sito autonomo, sothebys.com, dedicato a oggetti d’arte di valore.
Completamente diverso è stato invece l’andamento del mercato della musica: gli imprenditori tradizionali si sono rifiutati di sfruttare le opportunità offerte dalla rete e sono rimasti arroccati sulla difensiva. Come era prevedibile, è stato il mercato virtuale ad assumere l’iniziativa, e a distribuire contenuti musicali nella Rete, entrando pesantemente in collisione con consolidati assetti organizzativi e giuridici del mercato tradizionale: si è qui assistito a scontri giudiziari e, da ultimo, a avventurosi tentativi di accordo, con l’accordo tra Bertelsmann e Napster (si veda il capitolo dedicato alla Musica digitale).
Il contatto tra mercato tradizionale e mercato virtuale nell’entertainment business, pur procedendo negli ultimi tempi con maggior cautela, sembra essersi stabilizzato, ma gli esiti sono tutt’altro che certi.
Secondo molti osservatori specializzati in Internet continua a non offrire ragionevoli prospettive di profitti per le tradizionali attività che si occupano in senso lato di divertimento e quindi media, libri, musica, video, informazione . Nessuno sinora è riuscito a trarre profitti da un entertainment business basato solamente sulla Rete: è significativo l’esempio di Amazon, che, pur avendo assunto da anni una posizione di assoluta supremazia nella vendita in Rete di libri, CD e altri prodotti per il divertimento, ha continuato ad accumulare ingenti perdite.
Questa valutazione sembra essere confermata da un segnale assai significativo e cioè il calo, per tutto il 2000, della pubblicità via Internet, dovuto sia al mancato decollo nei termini sperati del settore, sia al fatto che sempre meno sono gli utenti che si inducono a cliccare su un banner di pubblicità (secondo dati dell’agosto 2000, sono passati dall’1% del 1997 allo 0,4% del 1999): ed infatti tutte le imprese sorte e sviluppatesi specificatamente per la pubblicità in Rete – prima fra tutte la più importante negli USA, Doubleclick Inc – hanno assistito a pesantissime perdite delle loro quotazioni in Borsa .
Vi sono essenzialmente due ragioni – una di carattere tecnico, l’altra economico – che non consentono di trarre valutazioni ottimistiche nel breve o medio periodo dal contatto di realtà virtuale e imprese tradizionali.
La prima è costituita da ragioni di immaturità tecnologica in una delle varie fasi della catena produttiva.
È il caso di tutto il settore video (che costituisce la parte più importante del mercato), il cui sperato sviluppo è reso difficile dalle difficoltà di trasmissione, e quindi di scaricamento, con le attuali connessioni Internet: sono infatti necessarie connessioni via cavo abilitate alla trasmissione a banda larga, tuttora scarsamente diffuse, anche negli Stati Uniti.
È il caso anche dei libri digitali: uno dei contenuti che non offre difficoltà dal punto di vista tecnologico per la distribuzione on-line, il testo, si scontra con la mancanza di uno supporto tecnologico che possa competere, quanto a gradimento e comodità per il lettore, con la carta e con il libro. È anche il caso anche delle arti figurative, la cui distribuzione online è ostacolata da difficoltà tecniche nella resa del prodotto, che resta assai inferiore a quello che si può ottenere mediante riproduzioni fotografiche.
In tutti questi casi si pone il tradizionale problema dell’uovo e della gallina, applicato all’economia: da un lato mancano gli investimenti tecnologici per lanciare il settore perché vengono ritenuti insufficienti i contenuti per giustificarli, d’altro lato mancano i contenuti perché non vi sono le strutture tecnologiche adeguate per diffonderli e ricavarne un profitto.
La seconda difficoltà è costituita da un aspetto economico.
È il caso dei prodotti musicali, ove lo sviluppo tecnologico attuale permette di diffondere on line brani musicali assolutamente uguali, come qualità e come resa, a quelli che possono essere acquistati su un CD, ma nessuno è disposto a pagare per riceverli.
Accanto a queste due difficoltà, deve esserne indicata una terza, costituita dall’incerto panorama legislativo e giurisprudenziale per ciò che concerne uno degli elementi su cui si basa lo sviluppo della società dell’informazione, e cioè la proprietà intellettuale: quel terzo polo tra imprese produttrici e consumatori che costituisce la base del mercato del divertimento.
Tuttavia, il contatto tra imprese tradizionali e imprese che si sono sviluppate nel Cyberspazio non sembra destinato a cessare, come è accaduto nella prima ondata: la strada è quella indicata dall’accordo tra AOL e Warner, ma anche tra Bertelsmann e Napster, quella della combinazione tra nuove tecnologie, contenuti tradizionali, nuove forme di protezione della proprietà intellettuale e quindi di distribuzione.