Prefazione a Giuseppe Vaciago (a cura di) “Internet e responsabilità giuridiche”, La Tribuna, 2002

Allorchè si affronta il tema delle responsabilità giuridiche che si determinano utilizzando Internet (la responsabilità di Internet, secondo il titolo di questo volume, ma anche e soprattutto la responsabilità in Internet), è inevitabile la domanda: siamo di fronte a un fenomeno davvero nuovo, a nuove figure giuridiche di responsabilità, non disciplinati nell’ordinamento giuridico esistente (perché non previsti), che richiedono quindi appositi interventi normativi su scala internazionale e nazionale, oppure hanno ragione coloro che scetticamente ritengono che non ci sia nulla di nuovo sotto il sole, e che sia sufficiente adattare con saggezza la normativa esistente alla nuova realtà?
Si schierano con questi ultimi Carl Saphiro e Hal Varian che, in un volume di successo purtroppo non tradotto in italiano (Information rules, Harvard Business School Press, 1998) possono farsi previsioni su quello che succede con la diffusione di Internet, e specificatamente possono farsi previsioni sugli sviluppi giuridici e normativi della responsabilità in Internet semplicemente studiando quello che è successo molti decenni orsono con la diffusione del telefono o, pochi anni fa, con la diffusione del telefax; si schiera invece con i sostenitori della versione “apocalittica” Kevin Kelly che sostiene (New Rules for the New Economy, Viking Penguin, 1998) che il mutamento introdotto da Internet è così vasto e così pervasivo da produrre effetti indipendenti dal sistema economico, sociale e giuridico esistente e, soprattutto da produrre da solo le proprie regole, nuove rispetto a quelle passate.
Questa radicale contrapposizione coinvolge anche valutazioni di più ampia portata, che influenzano gli stessi presupposti con i quali viene concepita e disegnata la responsabilità in Internet.
Vi sono alcuni che sono convinti che l’intero assetto della comunità internazionale – basato sul principio dell’autonomia e della sovranità dello stato- è stato cancellato dal nuovo ordine giuridico e economico determinato dal cambiamento tecnologico (è la tesi brillantemente sostenuta da Susan Strange in The Retreat of the State: The Diffusion of Power in the World Economy, in Cambridge Uni Press, Cambridge USA, 1998).
Per converso, secondo altri è invece impossibile ipotizzare che sia stato il cambiamento tecnologico a produrre modifiche nell’assetto internazionale (principale esponente di questa linea di pensiero è STEPHEN KRASNER, Sovereignty: Organised Hypocrisy, Princeton Uni Press, Princeton New Jersey, 1999).
Se l’introduzione di questo volume fosse stata scritta qualche anno fa, le tesi apocalittiche sarebbero state nettamente prevalenti: Internet ha creato un mondo retto da regole nuove e da nuove forme di responsabilità.
Oggi gli scettici hanno acquisito il sopravvento. Pochi anni sono passati – era il 1995 – da quando John Perry Barlow ha lanciato il suo proclama, la Dichiarazione di indipendenza del Cyberspazio: “Governi del mondo industriale, eravate giganti di carne e di acciaio, io vengo dal Cyberspazio. Su incarico del futuro, vi chiedo di lasciarci stare. Voi non avete alcun potere e alcuna sovranità sul luogo dove noi ci ritroviamo”.
A fronte di questa immagine quasi mitologica di un mondo virtuale anarchico, o comunque in grado di autodeterminarsi in base alla comune volontà degli utenti, in pochi anni abbiamo a che fare con una realtà ben diversa: nel Cyberspazio si applicano e si intersecano regole giuridiche di varia provenienza e di varia natura, ma tutte poste dagli ordinamenti statali e dalla comunità internazionale. Gli utenti del mondo virtuale appartengono al mondo reale, e gli scambi di informazioni e di messaggi non si limitano a muoversi nel cyberspazio: interagiscono e provocano effetti reali, nella realtà.
È quindi ovvio che ai comportamenti tenuti dagli utenti di Internet ciascuno stato applichi o pretenda di applicare le regole previste dal proprio ordinamento giuridico soprattutto allorché tali comportamenti incidano sulle posizioni giuridiche, sui diritti e sulle aspettative non solo di coloro che partecipano allo scambio, ma di soggetti a esso estranei. E infatti, la casistica di interventi giudiziari per questioni attinenti alla responsabilità, come questo volume illustra con i suoi numerosi esempi tratti dalla giurisprudenza più recente, è ormai assai nutrita e tende ad aumentare in modo consistente.
Certo, è in pratica difficile individuare quali specifiche regole di quale Stato si applichino a determinate situazioni, è difficile comprendere come farne applicazione in caso di violazione, ma certamente questo volume illustra che i comportamenti tenuti su Internet sono soggetti alle regole che li disciplinano e li puniscono nel mondo reale.
Ed allora, per chi si occupi professionalmente di questioni di responsabilità, o per chi semplicemente, come utente di Internet, voglia avere un orientamento su come comportarsi e quali rischi corre navigando in Rete, gli autori di questo volume hanno predisposto una guida che offre, oltreché una scorrevole lettura, elementi per orrizontarsi nei principali settori in cui problemi di responsabilità possono profilarsi: dal diritto d’autore e dalla proprietà intellettuale, al sistema dei domain names, alle varie ipotesi di reato informatico e telematico, alla privacy e alla responsabilità della Pubblica amministrazione.
Concludendo la lettura del libro, si saranno certamente apprese molte stimolanti cose sul tema della responsabilità in Internet; ma si sarà anche compreso che – con l’unica eccezione della proprietà intellettuale – l’idea, o il sogno, di creare con Internet un mondo a parte, possono dirsi tramontate anche per effetto della necessità di affrontare e risolvere le questioni che proprio i profli giuridici della responsabilità hanno posto.