Denaro e giustizia: come si fa ad avere un giudice indipendente?

Negli ultimi tempi è stata ancora riproposta l’idea di introdurre anche in Italia un sistema in cui i giudici vengono eletti dal popolo. Può  essere utile illustrare quanto sta accadendo nella patria di origine delle selezione elettiva dei giudici, gli Stati, Uniti. Partiamo da una vicenda di qualche anno fa.

Nel 2004 una società operante nello stato di West Virginia offrì un contributo di 3 milioni di dollari per la campagna elettorale di Brent Benjamin, un candidato al posto di giudice della Corte suprema di quello Stato. Il candidato fu eletto e nel 2007 partecipò ad una decisione che di stretta misura (5 giudici dei nove della Corte) annullò la sentenza dei giudici di merito di condanna di quella società al pagamento a favore di una società concorrente di un risarcimento di 50 milioni di dollari.

Quest’ultima ha impugnato la decisione davanti alla Corte Suprema federale, sostenendo di non aver avuto un giudizio imparziale, così come garantito dalla Costituzione degli Stati Uniti. L’8 giugno 2009 la Corte Suprema federale, prendendo in esame per la prima volta il problema della rilevanza dei contributi sulla campagna elettorale dei giudici per favorirne l’elezione, ha annullato la decisione (ancora una volta, con una ristretta maggioranza), sostenendo che il consistente importo del contributo ricevuto e il fatto che il contribuente avesse un giudizio in corso proprio davanti alla Corte Suprema del West Virginia avrebbe imposto al giudice Benjamin di astenersi (la decisione è: Caperton v.Massey)

Ma nei sistemi che prevedono l’elezione dei giudici, la questione non è così semplice come sembra e la decisione della Corte Suprema pone molti più interrogativi di quanti non ne risolva.

Per esempio: i giudici eletti devono astenersi solo se debbono giudicare una controversia ove sia parte chi abbia versato un contributo consistente, così come deciso adalla Corte, o qualunque sia l’importo del contributo versato? E poi:  per quanto tempo dura l’obbligo di astensione? Ancora: se il contributo è stato offerto da una associazione o da una organizzazione di tendenza (per esempio, un associazione ambientalista o un sindacato di lavoratori pubblici) l’obbligo di astensione riguarda anche tutte le controversie dove siano parti non l’organizzazione finanziatrice ma coloro che ad essa fanno riferimento? Infine, questione ancor più complessa:  bisogna astenersi anche se si giudica chi abbia finanziato i candidati concorrenti, o addirittura chi non abbia concesso alcun finanziamento, per evitare il sospetto di nutrire avversioni o pregiudizi?

È chiaro che la decisione della Corte Suprema si avventura su un terreno minato, e c’è da aspettarsi un fiorire di cause che andranno a contestare le decisioni assumendo la non indipendenza del giudice nei confronti di una delle parti.

La decisione sta anche offrendo un’occasione agli oppositori del sistema elettivo per sostenere che esso non è adatto per selezionare i giudici in quanto non garantisce l’indipendenza e l’autonomia degli eletti.

Si tratta di una riforma, tuttavia, non semplice sia perché ben trentanove dei cinquanta stati prevedono forme di elezione dei giudici, assai diverse tra loro, sia perché circa il 90% delle controversie giudiziarie degli Stati Uniti sono trattati da giudici statali, e solo il 10% residuo ricade nella competenza dei giudici federali (tutti designati dal potere esecutivo e confermati dal potere legislativo).

Il metodo elettivo per i giudici, che tuttora riscuote un diffuso appoggio popolare, si è diffuso verso la metà del XIX secolo come conseguenza del populismo democratico del Presidente Jackson (il cui motto era  “lasciate governare il popolo”), con l’obiettivo di sottrarre la scelta ai gruppi di potere nei vari stati.

Nello spazio di pochi decenni, due terzi degli Stati avevano adottato metodi elettivi per la scelta dei giudici, da quelli locali fino a quelli delle Corti supreme statali (può essere interessante ricordare che, nell’ambito della stessa campagna di populismo giudiziario, erano stati aboliti tutti i requisiti per esercitare la professione di avvocato, compreso il possesso della laurea in legge: tutti, superando semplicissimi esami, potevano esercitare la professione legale. È così che  ha potuto fare prima carriera come avvocato, poi passare alla politica e, infine, divenire presidente degli Stati Uniti un povero agricoltore dell’Illinois: Abraham Lincoln).

Ma il metodo elettivo aveva i suoi lati negativi; soprattutto, non garantiva affatto l’indipendenza del giudice,  la cui elezione dipendeva dal sostegno e dai contributi dei partiti politici, o dei vari potentati economici locali (come risulta dai molti film western che ritraggono giudici ossequiosamente pronti a far valere gli interessi dei loro elettori).

Per converso, una candidatura veramente indipendente aveva ben poche possibilità di riuscita, a meno che il divieto di ricevere contributi o di affiliazione a partiti politici di non fosse resa obbligatoria (soluzione adottata da vari stati nel corso del secolo appena passato): ma, in questo caso, i candidati restavano perfetti sconosciuti e nessuno sapeva per chi andava a votare.

Nei primi decenni del secolo scorso cominciò ad affermarsi un’altra modalità per designare i giudici, la c.d. selezione per merito, utilizzata per la prima volta dallo Stato del Missouri nel 1940: la copertura di un posto vacante è affidata al governatore che sceglie tra una rosa di candidati predisposta da un comitato di esperti. Alla scadenza del mandato, è prevista una procedura di conferma  affidata all’elettorato.

Lo schema del Missouri (noto come Missouri Plan) è stato ripreso da vari altri Stati: negli anni Cinquanta  del secolo scorso 18 stati lo avevano adottato con modifiche e adattamenti.

Il sistema elettivo, preferito ancora nella maggioranza degli Stati, è tuttavia da qualche anno al centro di aspre polemiche.  Le elezioni  sono divenute veri e propri scontri dove tutti i colpi sono ammessi mentre i costi per la campagna elettorale aumentano vorticosamente di anno in anno, coperti per lo più da gruppi economici che intendono garantire i loro interessi  o organizzazioni politiche che intendono garantire i loro progetti o obiettivi  nel caso di coinvolgimento in vicende giudiziarie (tra le più attive nel finanziare le campagne elettorali dei giudici sono le organizzazioni pro-life che si oppongono alle norme che consentono l’aborto, o le organizzazioni favorevoli al diritto di comprare, detenere o portare armi senza controlli).

Il costo medio per una campagna elettorale per divenire giudice di una Corte suprema statale è così attualmente di circa 900.000 dollari.

Naturalmente, ben difficilmente i giudici elettivi riescono poi a rimanere davvero imparziali allorché debbano decidere una controversia che coinvolga interessi, economici o meno, di coloro che hanno finanziato la loro elezione. Infatti, un recente approfondito studio sulle decisioni assunte da tutte le corti supreme statali nel periodo dal 1995 al 1998 a livello nazionale dimostra che i giudici abitualmente adattano le loro decisioni in modo da attirare voti e finanziamenti. Non solo: la stessa ricerca dimostra che l’orientamento dei giudici su molte questioni tende a modificarsi a seconda del modificarsi delle propensioni politiche dell’elettorato ( i risultati dello studio sono presentati da Joanna M. Shepherd nell’articolo Money, Politics and Impartial Justice, in Duke Law Journal, n. 58, 2009, p.623).

Nei prossimi mesi, anche a seguito della sentenza della Corte Suprema che abbiamo ricordato, assisteremo sicuramente a sviluppi di questo dibattito negli Stati Uniti e vedremo se riprenderà vigore la campagna per selezionare i giudici in base al merito, e non in base al consenso dell’elettorato.

Vi è, tuttavia, un fatto curioso che deve essere segnalato. Nella plurisecolare ricerca di un modo per designare giudici imparziali, gli Stati Uniti non hanno mai sperimentato l’unico sistema che, nell’esperienza europea, garantisce l’indipendenza del giudice sia dai poteri forti, che dalle lobbies economiche, che, infine, dai variabili umori degli elettori: il pubblico concorso.